Quarto Potere (Citizen Kane) è un film del 1941 diretto da Orson Welles, che nel film riveste anche il ruolo del protagonista Charles Foster Kane. È un’opera prima per Welles nel cinema, eppure è considerato uno dei più grandi film di tutti i tempi. Pur non essendo stato un successo commerciale immediato al momento della sua uscita, la critica lo ha presto elevato al rango di capolavoro. Il film è stato nominato per nove Premi Oscar e ha vinto quello per la Migliore Sceneggiatura Originale. Ora è un pilastro del curriculum in qualsiasi corso di studi cinematografici e una pietra miliare nella storia del cinema.
Il film inizia con la morte del magnate dei media Charles Foster Kane, che pronuncia la misteriosa parola “Rosebud” prima di spirare. Questo evento scatena un’ondata di curiosità nel mondo dei media e in un giovane giornalista, che si assume l’onere di svelare il significato di questa enigmatica parola attraverso interviste e ricerche sulla vita di Kane. Senza svelare troppo, il film è un viaggio attraverso la vita di un uomo complesso, toccando temi come il potere, la solitudine e l’ambizione sfrenata.
Una delle curiosità più interessanti riguarda il modo in cui il film ha rivoluzionato la cinematografia. Quarto Potere è noto per il suo uso innovativo della profondità di campo e dell’angolazione della camera, tecniche che erano all’epoca rivoluzionarie. Il film ha anche introdotto il concetto di “narratore inaffidabile” nel cinema, complicando ulteriormente la nostra percezione di Kane come personaggio. Un altro fatto notevole è che il personaggio di Kane è ispirato al magnate della stampa William Randolph Hearst, che fu così indignato dall’interpretazione che cercò di sabotare il film. Nonostante queste difficoltà, o forse a causa di esse, il film ha ottenuto un successo di critica duraturo.
Quarto Potere è un’esplorazione inquietante della natura effimera della verità, del successo e dell’identità. In un mondo ossessionato dalla fama e dal potere, la figura di Kane serve da monito su come la conquista esterna possa celare un vuoto interiore. La sua è una vita spesa alla ricerca di qualcosa di inafferrabile: l’approvazione, l’amore, l’immortalità, forse. Eppure, nel suo ultimo respiro, tutto si riduce ad una singola parola: “Rosebud”. È come se Welles stesse mettendo in discussione il valore del successo materiale e della notorietà, suggerendo che, alla fine della vita, sono i desideri e i ricordi più intimi e personali che definiscono chi realmente siamo.