Il 29 agosto 1900, a meno di un mese dall’assassinio di Re Umberto I, Gaetano Bresci, l’anarchico responsabile dell’omicidio, si trovava di fronte alla giustizia con l’apertura del processo presso la Corte d’Assise di piazza Beccaria a Milano. Ma per comprendere la gravità e le implicazioni di questo evento, è necessario esplorare il contesto politico e sociale in cui esso si svolse.
La fine del XIX secolo e l’inizio del XX furono periodi di grande tensione sociale e politica in Italia. La nazione era stata unificata da poco, nel 1861, e molte regioni soffrivano di povertà, disoccupazione e insoddisfazione nei confronti del governo centrale. Anche a livello internazionale, l’anarchismo stava guadagnando terreno come ideologia di protesta contro l’oppressione e l’ingiustizia sociali. In questo clima, la figura di Re Umberto I era diventata simbolo di un potere repressivo e autocratico, soprattutto dopo la brutale repressione di manifestazioni operaie e contadine.
Il 29 luglio 1900, il Re fu assassinato a Monza. Gaetano Bresci, un emigrante italiano tornato dalla New Jersey negli Stati Uniti, gli sparò tre colpi di pistola contro, uccidendolo all’istante. Bresci, che si lasciò arrestare senza resistenza, dichiarò che il suo atto era una vendetta per i massacri di lavoratori e manifestanti compiuti sotto il regno di Umberto I.
Un mese dopo, si aprì il processo contro il regicida, che durò solo tre giorni. Le prove contro di lui erano schiaccianti e Bresci stesso non negò mai la sua responsabilità. Fu condannato all’ergastolo, la pena massima all’epoca in Italia dopo l’abolizione della pena di morte per reati politici nel 1889. Fu inviato al carcere penale dell’isola di Santo Stefano, dove morì in circostanze misteriose meno di un anno dopo, ufficialmente per suicidio, ma le circostanze della sua morte sono state oggetto di numerosi dibattiti e teorie del complotto.
L’omicidio e il processo ebbero un impatto profondo sulla società italiana. Le leggi contro gli anarchici furono inasprite e l’opinione pubblica fu fortemente polarizzata. Per alcuni, Bresci divenne un eroe e un martire della causa anarchica, mentre per altri rimase un assassino che aveva destabilizzato il Paese.
Il processo a Gaetano Bresci non fu solo un evento giuridico, ma un momento cruciale che mise in luce le tensioni e le divisioni dell’Italia di quel tempo. Esso rappresenta una pagina oscura nella storia italiana, una ferita ancora aperta nel dibattito tra ordine e libertà, repressione e resistenza. A distanza di oltre un secolo, il processo e le sue conseguenze continuano ad essere un argomento di studio e discussione, un promemoria della fragilità delle istituzioni democratiche e della potenza delle idee estreme in momenti di crisi.