25 luglio 2002: l’aumento del finanziamento pubblico ai partiti

primo governo berlusconi

Il 25 luglio 2002, durante il secondo mandato di governo guidato da Silvio Berlusconi, il Parlamento italiano ha preso una decisione significativa riguardo il finanziamento pubblico ai partiti. In particolare, ha trasformato il fondo di finanziamento da un’erogazione per l’intera durata della legislatura ad un contributo annuale. In aggiunta, ha abbassato la soglia minima di voti necessaria per ricevere il rimborso elettorale: dal 4% all’1%.

Queste modifiche hanno comportato un aumento considerevole dell’ammontare totale destinato al finanziamento dei partiti. Nel caso di una legislatura completa, per Camera e Senato, l’importo è più che raddoppiato, passando da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro. In termini pratici, il contributo originariamente previsto di 4000 lire per voto è stato convertito in 1 euro, ma con l’importante distinzione che tale somma non veniva più destinata all’intera durata della legislatura, ma piuttosto a ciascun anno di essa.

Il finanziamento pubblico ai partiti politici in Italia è nato con la legge n. 195 del 1974, durante gli anni di piombo. L’obiettivo era di garantire l’indipendenza dei partiti dalle pressioni esterne, in particolare dalle infiltrazioni mafiose. Si voleva così evitare il pericolo che le organizzazioni criminali potessero influenzare la vita politica del paese attraverso finanziamenti illeciti.

Negli anni ’90, tuttavia, il sistema di finanziamento pubblico è entrato in crisi con lo scandalo di Tangentopoli. Questo periodo ha visto emergere un esteso sistema di corruzione tra politici e imprenditori, con l’uso improprio dei finanziamenti pubblici per fini personali. Il risultato è stato un totale rinnovamento del panorama politico italiano, con la fine della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda. Nel 1993, in risposta allo scandalo, il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito attraverso un referendum popolare. Tuttavia, in realtà, non è mai stato completamente eliminato. La legge n. 659 del 1996 ha infatti introdotto il finanziamento indiretto, con il rimborso delle spese elettorali e il finanziamento alle fondazioni politiche.

Nel 2012, il governo Monti ha proposto l’eliminazione graduale del finanziamento pubblico, sostituito dal cosiddetto “2 per mille”, una quota dell’IRPEF che i contribuenti possono devolvere ai partiti politici. Questo sistema, però, è stato in seguito criticato per la mancanza di trasparenza e per l’insufficiente controllo sull’uso dei fondi.

Durante il governo di Enrico Letta, nel dicembre 2013, è stato emanato il decreto legge n. 149, successivamente convertito in legge nel febbraio 2014. Questa norma ha previsto l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti politici, comprendendo sia i rimborsi per le spese elettorali sia i contributi per l’attività politica. Dal 2014, ciascun contribuente ha potuto destinare il due per mille del proprio reddito a un partito politico. Le donazioni private a favore dei partiti politici sono diventate detraibili, con un importo massimo annuale di 30.000 euro. È stato anche introdotto un codice di autoregolamentazione per la raccolta di fondi tramite telefonia. Infine, ai partiti e movimenti politici sono state estese le disposizioni in materia di integrazione salariale straordinaria. La cessazione effettiva del finanziamento pubblico è avvenuta nel 2017, ma il finanziamento per gli anni 2014, 2015 e 2016 è stato mantenuto. La riforma ha conservato solo la possibilità di ottenere la destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito e di ricevere donazioni private, soggette a detrazioni fiscali.

Il tema del finanziamento pubblico ai partiti politici in Italia ha segnato la storia politica e sociale del paese. Tra dibattiti, riforme e controversie, il cammino di questa politica è stata una altalena di modifiche e cambiamenti, spesso alla ricerca di un equilibrio tra la necessità di sostenere la vita democratica e l’esigenza di trasparenza e controllo. Attualmente, il dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti è ancora molto vivo in Italia. Se da un lato si riconosce l’importanza di sostenere i partiti politici per garantire un sistema democratico pluralistico, dall’altro si evidenzia la necessità di una maggiore trasparenza e controllo sull’uso dei fondi.

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