Il 27 giugno 1905 è una data che ha segnato la storia della Russia e del mondo. In quel giorno, i marinai della corazzata Potemkin, la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero, si ribellarono al loro comandante e agli altri ufficiali che volevano costringerli a mangiare carne marcia e infestata dai vermi. Fu il primo atto di una rivolta popolare che scosse le fondamenta dello zarismo e anticipò la rivoluzione del 1917.
La corazzata Potemkin era una delle più moderne e potenti navi da guerra dell’epoca, dotata di cannoni da 152 mm e di una velocità di 16 nodi. Era stata costruita tra il 1898 e il 1903 nei cantieri navali di Nikolaev, in Ucraina, e battezzata in onore del principe Grigorij Potëmkin, il favorito di Caterina la Grande. Il suo equipaggio era composto da circa 800 marinai, molti dei quali provenienti dalle campagne o dalle fabbriche, sottoposti a una dura disciplina e a condizioni di vita miserabili.
La situazione politica e sociale della Russia era altrettanto critica. Il paese era uscito sconfitto dalla guerra contro il Giappone, che aveva provocato la perdita di Port Arthur e della Manciuria. La popolazione soffriva di fame, povertà e oppressione. Il regime zarista era corrotto, autocratico e repressivo. Le forze rivoluzionarie, tra cui i socialisti rivoluzionari, i menscevichi e i bolscevichi, si organizzavano clandestinamente per diffondere le idee di libertà, uguaglianza e giustizia.
Il 27 giugno 1905 la corazzata Potemkin era alla fonda nell’isola di Tendra, in attesa di raggiungere il resto della flotta per partecipare a un’esercitazione. A bordo regnava il malcontento per le razioni scarse e scadenti. Quando il primo ufficiale Ippolit Giliarovskij ordinò ai marinai di mangiare comunque la carne piena di vermi, scoppiò la scintilla che innescò l’ammutinamento. Il sottufficiale torpediniere Afanasij Matjušenko guidò la rivolta, che si concluse con l’uccisione di sette ufficiali, tra cui il comandante Evgenij Golikov e lo stesso Giliarovskij. Gli altri ufficiali furono arrestati o si unirono agli ammutinati.
La corazzata issò la bandiera rossa e si diresse verso Odessa, dove era in corso uno sciopero generale contro il governo zarista. I marinai si unirono alla protesta degli operai e dei cittadini, che accolsero con entusiasmo la nave ribelle. Il 28 giugno si tennero i funerali del marinaio Grigorij Vakulencuk, capo degli ammutinati, che era stato ferito mortalmente durante l’insurrezione. La sua bara fu portata in corteo per le strade della città, seguita da una folla commossa e indignata. La sera stessa, però, le autorità zariste scatenarono una violenta repressione contro i manifestanti, sparando dalla fortezza sul porto e dalla collina dei cannoni sulla folla inerme. Si contarono migliaia di morti e feriti.
La mattina del 30 giugno due squadriglie navali giunsero al porto di Odessa per intimare alla corazzata Potemkin di arrendersi o affrontare il fuoco nemico. Ma i marinai delle altre navi si rifiutarono di sparare contro i loro compagni e la Potemkin riuscì a sfuggire al blocco navale. La nave cercò invano di trovare un rifugio sicuro in altri porti del Mar Nero, ma ovunque trovò le porte chiuse o ostili. Dopo giorni di navigazione senza rifornimenti né appoggi, l’equipaggio decise di consegnare la nave al porto di Costanza, in Romania, dove ottenne l’asilo politico. Alcuni marinai riuscirono a fuggire in Romania o in altri paesi, mentre altri furono costretti a tornare in Russia, dove furono processati e condannati a pene severe. Il leader della rivolta, Afanasij Matjušenko, fu impiccato a Sebastopoli nel 1907, dopo essere tornato clandestinamente in patria per continuare la sua lotta politica.
L’ammutinamento della corazzata Potemkin fu uno degli episodi più significativi della rivoluzione russa del 1905, che ebbe il suo culmine nella domenica di sangue del 9 gennaio, quando le truppe zariste massacrarono una manifestazione pacifica a San Pietroburgo. La rivolta dei marinai dimostrò la possibilità di un’azione diretta e autonoma delle masse popolari contro il potere oppressivo e ingiusto. Fu anche un esempio di solidarietà e fraternità tra i lavoratori di terra e di mare, che si riconobbero nella stessa causa e nello stesso destino. La corazzata Potemkin divenne un simbolo della resistenza e della speranza rivoluzionaria, che una dozzina di anni dopo avrebbe portato alla caduta dello zarismo e alla nascita della prima repubblica socialista del mondo.