6 giugno 1968: muore Robert Kennedy

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Il 6 giugno 1968, il mondo perde una delle sue figure politiche più carismatiche e influenti: Robert Francis Kennedy, senatore per lo Stato di New York e candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Kennedy era stato ferito gravemente la notte precedente, poco dopo aver annunciato la sua vittoria alle primarie democratiche in California e nel South Dakota, da un giovane palestinese di nome Sirhan Bishara Sirhan, che gli aveva sparato tre colpi di pistola alla testa e al collo nella cucina dell’Hotel Ambassador di Los Angeles. Kennedy era stato trasportato d’urgenza al Good Samaritan Hospital, dove i medici avevano tentato invano di salvargli la vita. Alle 1:44 del mattino del 6 giugno, il dottor Thomas Noguchi dichiarò ufficialmente il decesso del senatore.

L’assassinio di Robert Kennedy fu un evento traumatico per l’America e per il mondo intero, che seguiva di pochi mesi quello di Martin Luther King Jr., leader del movimento per i diritti civili, e di cinque anni quello di John Fitzgerald Kennedy, fratello maggiore di Robert e presidente degli Stati Uniti dal 1961 al 1963. Robert Kennedy era considerato da molti come l’erede politico e morale di suo fratello John, e come il portavoce delle speranze e delle aspirazioni di una generazione che voleva cambiare il paese e il mondo. La sua campagna elettorale si basava su temi come la pace, la giustizia sociale, la lotta alla povertà, la riforma delle istituzioni e la difesa dei diritti umani. Kennedy aveva saputo conquistare il sostegno di diverse fasce della società americana, tra cui i giovani, gli afroamericani, gli ispanici, i cattolici e i lavoratori.

La morte di Robert Kennedy lasciò un vuoto incolmabile nella scena politica americana e mondiale, e segnò la fine di un’epoca di idealismo e di ottimismo, nonchè secondo alcuni anche della sinistra statunitense. Molti si chiesero cosa sarebbe successo se Kennedy fosse sopravvissuto e fosse diventato presidente degli Stati Uniti, se avrebbe potuto porre fine alla guerra del Vietnam, se avrebbe potuto realizzare le sue promesse di rinnovamento e di progresso, se avrebbe potuto evitare le tensioni sociali e le violenze che caratterizzarono gli anni successivi. La storia non ha risposte a queste domande, ma ha conservato il ricordo di Robert Kennedy come uno dei leader più amati e rispettati del XX secolo, un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri per costruire una società migliore, un simbolo di speranza per il futuro.

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