NEGARE FINO ALLA FINE?

alluvione emilia romagna

L’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna tra il 2 e il 17 maggio 2023 è stata una delle più gravi catastrofi naturali della storia italiana. Ha causato la morte di 17 persone, lo sfollamento di 50 mila abitanti, la distruzione di infrastrutture, abitazioni, colture e patrimoni culturali. Ha coinvolto 44 comuni tra Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini, Modena e Reggio Emilia, oltre a parte delle Marche e della Toscana. Ha fatto straripare 23 corsi d’acqua e provocato 250 frane. Ha richiesto l’intervento di migliaia di soccorritori, volontari e forze dell’ordine. Ha scosso la coscienza di tutto il Paese e del mondo.

Ma l’alluvione non è stata solo una sfortunata coincidenza meteorologica. È stata anche il risultato di una serie di fattori legati ai cambiamenti climatici e al dissesto idrogeologico che da anni minacciano il nostro territorio. Fattori che non possiamo più ignorare o sottovalutare se vogliamo evitare che si ripetano scenari simili o peggiori. Secondo gli esperti, le piogge torrenziali che hanno innescato l’alluvione sono state alimentate da un ciclone mediterraneo, un fenomeno atmosferico sempre più frequente e intenso a causa dell’aumento della temperatura del mare. Il riscaldamento globale infatti favorisce l’evaporazione dell’acqua e la formazione di masse d’aria umida e instabile che possono generare precipitazioni estreme. Queste a loro volta possono innescare frane e smottamenti, soprattutto in zone già fragili per la scarsa vegetazione, l’erosione del suolo e l’abusivismo edilizio.

L’alluvione ha quindi mostrato quanto sia urgente e necessario intervenire per contrastare i cambiamenti climatici e per tutelare il territorio dal rischio idrogeologico. Non possiamo più rimandare le scelte politiche e le azioni concrete che si impongono per ridurre le emissioni di gas serra, per promuovere le fonti rinnovabili, per incentivare la mobilità sostenibile, per razionalizzare i consumi energetici. Non possiamo più rinviare gli investimenti pubblici e privati per adeguare le infrastrutture idriche, per realizzare opere di mitigazione del rischio, per recuperare il patrimonio boschivo, per contrastare il consumo del suolo.

Ciononostante, un problema che affligge il dibattito sui cambiamenti climatici è la presenza dei negazionisti del clima, ovvero persone che rifiutano di accettare le evidenze scientifiche che dimostrano l’impatto dell’attività umana sul riscaldamento globale. Questi negazionisti spesso si basano su fonti non affidabili, distorcono i dati o usano argomenti fallaci per sostenere le loro posizioni. Il loro scopo è di creare confusione e incertezza tra il pubblico e di ostacolare le azioni politiche necessarie per contrastare la crisi climatica. Il negazionismo del clima è un fenomeno pericoloso e irresponsabile, che mette a rischio il futuro del pianeta e delle generazioni future.

L’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna è stato un evento drammatico, ma anche un’occasione di riflessione e di impegno per affrontare le sfide che ci attendono nel presente e nel futuro. Sfide che richiedono la responsabilità e la partecipazione di tutti: cittadini, istituzioni, imprese, associazioni. Sfide che possiamo vincere solo se saremo capaci di agire insieme per salvaguardare il nostro ambiente e il nostro benessere. Ma non possiamo ignorare che c’è ancora chi sul clima nega ormai anche l’evidenza, cercando di confondere l’opinione pubblica con falsità e complottismi. Questi negazionisti sono complici dell’industria fossile e dei poteri conservatori che vogliono mantenere lo status quo a scapito del pianeta e delle generazioni future. Non dobbiamo lasciarci ingannare da questi mercenari della bugia, ma seguire le evidenze scientifiche e le testimonianze degli attivisti che lottano per la giustizia climatica.

Filippo Piccini

Condividi:

Log in with your credentials

Forgot your details?