Babel // Alejandro González Iñárritu

babel film copertina

Babel è un film del 2006, ultimo capitolo della trilogia del regista cileno Alejandro González Iñárritu, inaugurata con Amores Perros (2000) e proseguita con 21 Grammi (2003). Tutte e tre le opere sono state sviluppate in stretta collaborazione con Guillermo Arriaga, narratore di fama internazionale e autore del film di esordio alla regia di Tommy Lee Jones. Grandi nomi che per Babel si sono tradotti nella vittoria al Festival di Cannes del Premio alla miglior regia, Miglior film drammatico al Golden Globe e Miglior film straniero ai David di Donatello, soltanto per citare i principali riconoscimenti.

Quattro storie differenti, lontane nello spazio, ma intrecciate tra loro su più livelli. L’arrivo di un fucile in una famiglia di pastori dell’altopiano marocchino è ciò che innesca una serie di drammatici eventi nella torre di Babele che collega Stati Uniti, Messico, Giappone e Marocco. La coppia di coniugi Richard (Brad Pitt) e Susan (Cate Blanchett) rappresentano lo scenario principale attorno al quale muove l’intrecciata trama. L’epilogo vedrà una riconciliazione ed una rinnovata speranza nel futuro per chi avrà scelto di rinsaldare gli affetti dei propri cari, e la punizione per coloro che invece, seppur ingenuamente e con grande leggerezza, avranno messo in pericolo altre vite umane.

Il film risulta corposo, pieno e avvolgente, emozionando lo spettatore seppure con qualche retorica di troppo nel finale. Iñárritu affronta la regia con uno stile molto personale che non lascia mai indifferenti, soprattutto per riuscire ad architettare tutto senza lasciare nulla al caso.

La Torre di Babele è una storia molto famosa del Libro della Genesi, che racconta come gli esseri umani una volta parlassero la stessa lingua in tutto il mondo, risultando in pace gli uni con gli altri. Eppure non soddisfatta di sè, l’umanità voleva costruire una torre altissima per raggiungere il cielo e Dio, che per punire la loro arroganza, decise di creare uno scompiglio linguistico tra le nazioni del mondo, generando un’interruzione sulla comprensione reciproca, portando così al conflitto, la violenza e la sofferenza generale.

Persa l’unica lingua che accomunava tutti gli uomini, resta il dolore come unica dimensione nella quale l’umano riconosce l’umano nel caos delle culture, delle condizioni, delle sensibilità. Siamo tutti cittadini di una Babele nella quale possiamo dire e pensare tutto e il contrario di tutto. Per questo non ci capiamo, o meglio, alla fine quel che tutti riusciamo a capire univocamente è solo l’espressione della sofferenza, alla ricerca spasmodica di uno spiraglio di compassione, di solidarietà, di empatia, culmine di una travagliata crescita interiore, anche e soprattutto quando questa evoluzione coincide con il riconoscimento delle proprie sconsideratezze.

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