13 settembre 1982: Licio Gelli arrestato a Ginevra

licio gelli

Licio Gelli viene arrestato a Ginevra dalla polizia svizzera che lo coglie intento a ritirare dal suo conto bancario 180 miliardi di lire. Ritenuto il Gran Maestro della loggia massonica P2, Gelli era in fuga dopo che l’anno precedente era stata scopera una lunga lista di personalità che vi aderivano e considerata al pari di un’organizzazione criminale. Restò in carcere in Svizzera fino all’evasione l’anno successivo.

Ultimo di quattro fratelli, Licio Gelli nacque a Pistoia il 21 aprile 1919, abbracciò inizialmente la causa del fascismo. A diciott’anni Gelli partì volontario nel 735° battaglione Camicie Nere per partecipare alla Guerra civile spagnola in aiuto delle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco. Nel luglio 1942, in qualità di ispettore del Partito Nazionale Fascista, gli fu affidato l’incarico di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Iugoslavia. Dopo l’8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e conseguentemente divenne un ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Tuttavia, quando la situazione iniziò a mettersi male per i nazi-fascisti, Gelli cominciò a collaborare con i partigiani e a fare il doppio-gioco fino ad arrivare, durante il dopoguerra, a collaborare con l’intelligence britannica e americana.

Iniziato in massoneria in Italia nel 1963, in breve tempo ne scalò i gradi principali, fino a diventare maestro venerabile della loggia Propaganda 2 (detta P2); tra il 1970 e il 1981 riuscì a iniziare alla P2 un consistente numero di soggetti titolari di cariche politiche ed amministrative. Nel corso degli anni settanta la P2 si sarebbe qualificata per aver concentrato i protagonisti di un disegno eversivo, di cui fu traccia il Piano di rinascita democratica redatto da Francesco Cosentino su istruzioni dello stesso Gelli, che consisteva in un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un autoritarismo legale che avrebbe avuto al suo centro l’informazione.

Nel maggio del 1981, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell’ambito di un’inchiesta sul finto rapimento del finanziere Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Gelli ad Arezzo e la fabbrica di sua proprietà, che portò alla scoperta di una lunga lista di alti ufficiali delle forze armate e di funzionari pubblici aderenti alla P2. La lista, la cui esistenza era presto divenuta celebre grazie agli organi d’informazione, includeva anche l’intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani, parlamentari, industriali, giornalisti e personaggi facoltosi come il più volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Vittorio Emanuele di Savoia e Maurizio Costanzo, per citarne alcuni in modo trasversale. Vi sono molti elementi, a partire dalla numerazione, che lasciano tuttavia ritenere che la lista rinvenuta fosse incompleta.

Dopo che il 10 agosto 1983 riuscì ad evadere dalla prigione, fuggì in Sudamerica, prima di costituirsi in Svizzera nel 1987. Dal 2001 fino alla morte avvenuta il 15 dicembre 2015, Licio Gelli è stato in detenzione domiciliare nella sua Villa Wanda di Arezzo, ubicata sulla collina di Santa Maria delle Grazie a ridosso del centro storico. Di sé stesso nel 2003 disse: «Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa.»

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