Liberi è un film del 2003 del regista Gianluca Maria Tavarelli, presentato nella sezione Controcorrente alla 60° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, non ha forse ricevuto gli apprezzamenti che avrebbe meritato dalla critica e dal pubblico. Nonostante appartenga ad un genere forse inflazionato, come quello di Virzì o Muccino, è un classico esempio di quelle pellicole che anche se dal punto di vista della tecnica e dello sviluppo narrativo non eccellono, fanno comunque emozionare e dopo la loro visione lasciano dentro qualcosa allo spettatore.
Vince (Elio Germano) è un ventenne originario di Bussi, in Abruzzo, arroccato sulle pendici orientali del Gran Sasso d’Italia, è fin dall’inizio una figura in fuga dentro la sua automobile diretto per chissà quale destinazione, che lo porta nella vicina Pescara. Qui trova lavoro in un ristorante e conosce Genny (Nicole Grimaudo) anche lei originaria di un paesino abruzzese, Trasacco nella Marsica, lavora nel capoluogo come cameriera e assieme a lei inizierà un percorso di fuga.
Cenzo (Luigi Maria Burruano) è il padre di Vince, era un operaio di primo livello con trent’anni di fabbrica alle spalle, che dopo essere stato licenziato per aver subito la chiusura del suo reparto, è impegnato nei lavori socialmente utili; assiste al suicidio di un suo collega, cade in depressione e si chiude in casa. La moglie e madre di Vince (Rosa Pianeta) lascia il marito e si rifugia anche lei a Pescara. In una calda estate sulla riviera abruzzese, si scontrano così le vite, le speranze ed i sogni di personaggi che hanno vissuto o che hanno una vita intera ancora da vivere.
Tavarelli prosegue il suo “cinema della fuga” fatto di storie e personaggi che raccontano le diverse anime dei nostri tempi, dove essere realmente “liberi” dalle proprie paure, delusioni, sconfitte o semplicemente da noi stessi e dagli altri, è l’agognato traguardo di un’intera umanità che ha smarrito il senso della propria esistenza. È un film che parla della precarietà della vita, della tristezza esistenziale, e più nello specifico dei problemi legati al lavoro, alla famiglia, agli affetti, alle amicizie, alla direzione e al senso che non riusciamo a dare alla nostra realtà, soprattutto nel corso dell’adolescenza e della giovinezza, ma non soltanto.