21 giugno 1945: le truppe statunitensi occupano Okinawa

okinawa 1945

Nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale, a partire dal marzo 1945 fino al giugno dello stesso anno, gli Stati Uniti sbarcarono truppe a Okinawa che, caso unico in tutto il Giappone, divenne teatro di guerra, con il coinvolgimento della popolazione residente nella guerriglia, sia urbana che nella giungla.

Lo Stato maggiore dell’esercito a Tokyo ostacolò in tutti i modi l’esercito americano, cercando di rallentarne l’avanzata verso le isole maggiori del Giappone. Al debole corpo militare a difesa dell’isola fu dato l’ordine di resistere a oltranza e la battaglia di Okinawa si trasformò così in una lotta all’ultimo sangue.

L’esercito giapponese uccise le donne e i bambini che avrebbe dovuto proteggere, in quanto sarebbero stati di ostacolo, e minacciò i civili che si erano rifugiati nelle caverne dicendo loro che sarebbe stata un’umiliazione essere fatti prigionieri e che le donne sarebbero state sicuramente violentate se fossero state catturate dai soldati americani. Distribuì bombe a mano incoraggiandone l’uso e spinse intere famiglie al suicidio.

La recente eliminazione, ad opera della censura governativa, dei passaggi dei testi scolastici in cui si affermava che tali suicidi collettivi furono ordinati dall’esercito, ha provocato una protesta formale del governo della prefettura e di tutti i consigli municipali di Okinawa.

Le perdite giapponesi nella battaglia di Okinawa ammontarono a circa 200 mila persone, la metà delle quali (circa 94 mila) civili. Al termine della guerra, l’esercito americano occupò l’isola, sottrasse le terre agli abitanti sotto la minaccia delle armi e li costrinse alla costruzione dell’immensa base militare, tanto che questa divenne «l’isola della base».

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