L’uomo in più // Paolo Sorrentino

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L’uomo in più è il film d’esordio di Paolo Sorrentino, uscito nel 2001, gli ha permesso di porre le basi al rapporto inscindibile con l’attore Toni Servillo, oltre che candidarsi a tre nomination ai David di Donatello ed essere presentato nella sezione Cinema del Presente alla Mostra del Cinema di Venezia di quell’anno, facendo così addentrare il regista tra gli addetti ai lavori.

Ispirato a due personaggi reali, il cantautore Califano e il calciatore De Bartolomei, è ambientato a Napoli negli anni ’80. Tony è un cantante all’apice del successo, sprezzante e apparentemente sicuro di sé, ma cocainomane incallito e con la morte del fratello sulla coscienza. Antonio Pisapia è uno stopper integro, timido, chiuso, fondamentalmente ingenuo e triste, che non si presta ai trucchi del calcio scommesse. Tony verrà messo fuori gioco da una minorenne che gli si offre e poi lo denuncia. Il calciatore invece perde l’uso del ginocchio, la squadra, la donna, rimanendo solo con le proprie ossessioni. I due cercano di risalire la china, anche se il destino con loro sembra essere poco benevolo.

Tutta la straziante ed intensa poetica del primo lungometraggio di Paolo Sorrentino sembra palesarsi immediatamente a parole con la citazione d’apertura, che assume con il senno di poi l’importanza strategica di un prologo vero e proprio, coincidendo a conti fatti con la trama stessa del film: “Che posso dire? È meglio aver amato e perso, piuttosto che mettere linoleum nei vostri salotti”.

Paolo Sorrentino è stato capace di sconvolgere il Cinema Italiano, che all’epoca del suo esordio era imbruttito da drammi sentimentali di poco conto. Ne L’uomo in più nessuno è completamente buono, come nessuno è completamente cattivo. Il film è critico sugli ambienti della canzone e del calcio, ma non predicatorio: l’amarezza prevale sull’indignazione, in una Napoli diversa, spietata e cinica, ma mai folkloristica.

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