George F. Kennan, incaricato d’affari degli Stati Uniti nell’ambasciata di Mosca, a seguito del discorso del Bolshoi tenuto da Stalin il 9 febbraio 1946, invia al dipartimento di Stato in patria un lunghissimo telegramma (ribattezzato per questo “il lungo telegramma”) in cui si descriveva la situazione dell’Unione Sovietica in quel momento e le sue relazioni internazionali.
Kennan spiegò che l’URSS voleva espandersi in tutte le direzioni fino ad arrivare al Mediterraneo e che questa sua politica sarebbe stata una diretta minaccia agli USA e a tutte le società democratiche. Il telegramma fu immediatamente recepito dal governo USA, che lo usò come base di partenza per la politica di containmento verso l’Unione Sovietica degli anni successivi, abbandonando l’isolazionismo e rimanendo in Europa come baluardo contro l’URSS.
Tale approccio che ne scaturì sarà alla base della dottrina Truman, annunciata nel marzo dell’anno successivo, che si proponeva di contrastare le mire espansionistiche dell’avversario sovietico nel mondo, e che sancì l’abbandono definitivo della Dottrina Monroe (ovvero la supremazia USA nel solo continente americano) e il coinvolgimento permanente degli Stati Uniti nella politica mondiale.
La dottrina ebbe conseguenze anche in Europa occidentale dove i governi con potenti movimenti comunisti come Italia e Francia vennero incoraggiati a tenere i gruppi comunisti fuori dagli esecutivi. Queste mosse furono compiute in risposta a quelle dell’Unione Sovietica, che nell’Europa dell’Est aveva iniziato a rafforzare la sua sfera d’influenza sui governi locali. Infine, la Dottrina Truman costituì la ragione politica della formulazione del Piano Marshall, il grande piano di aiuti pensato dal Segretario di Stato George Marshall per sostenere i Paesi europei devastati dalla guerra.
Negli Stati Uniti, sul piano interno, l’allarme sul pericolo rosso condusse alla fobia anti-comunista degli anni cinquanta. Sul piano internazionale, la Dottrina Truman costituì la base della politica estera statunitense nei confronti dell’Unione Sovietica fino alla sua caduta nel 1991.
In un articolo apparso sul New York Times nel 1997, lo stesso diplomatico Usa prefigurava lo scenario dell’allargamento della Nato ai Paesi dell’Est come “l’errore più fatale della politica americana dopo la fine della Guerra Fredda”. George Kennan infatti dichiarava: “Si può prevedere che una simile decisione potrebbe infiammare le tendenze nazionaliste, antioccidentali e militariste nell’opinione pubblica russa, avere un effetto avverso sullo sviluppo della democrazia russa, ripristinare l’atmosfera della Guerra Fredda nelle relazioni Est-Ovest e potrebbe rendere molto più difficile, se non impossibile, ottenere ulteriori riduzioni degli armamenti nucleari”.