IL FUTURO CHE NON SI IMMAGINA

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La rielezione di Sergio Mattarella per un altro settennato da Presidente della Repubblica avvenuta ieri all’ottavo scrutinio, rappresenta forse uno dei momenti più bassi della democrazia italiana. Nulla da dire ovviamente alla persona, che è forse uno dei presidenti migliori che il nostro Paese abbia avuto, ma proprio per il rispetto della sua volontà, ciò che è avvenuto non può essere considerato un momento storico edificante.

Mattarella è diversi mesi che dichiarava esplicitamente la sua intenzione a non voler essere nuovamente eletto, per motivazioni personali ed istituzionali che non avrebbe mai voluto mettere in discussione. Si è espresso senza doppi sensi in diverse ultime cerimonie ufficiali in cui ha rimarcato quanto cruciale sia il rispetto dei principi costituzionali che prevedono la fondamentale importanza del far ricoprire il ruolo più importante della nostra Repubblica a personalità differenti al termine dei, non pochi, sette anni previsti per l’incarico. A conferma di questo, perchè anche la componente umana e personale è sempre di grandissimo valore, aveva già preso in affitto un appartamento a Roma nel quale aveva finito di traslocare dalla sua casa di Palermo, per passarvi gli ultimi anni della sua vita in tutta tranquillità.

Ora, considerato che come abbiamo assistito i partiti non sono riusciti ad esprimere un nome di un sostituto nè in modo condiviso, nè imposto, il povero Mattarella ha dovuto accettare la rielezione nonostante come lui stesso ha detto “avesse altri piani” all’età di 80 anni già compiuti. Ci immaginiamo il livello di responsabilità, protocolli, pressioni e quant’altro è previsto ruoti attorno al Presidente della Repubblica, riversati addosso ad una persona che ha già dato il massimo negli ultimi 7 anni e che non aveva alcuna intenzione di continuare a farlo?

Consideriamo che nel prossimo settennato, oltre alla crisi pandemica ancora ben lontana dal concludersi, ci saranno almeno altri due governi a cui affidare l’incarico e le relative crisi da gestire. L’ultima, memorabile, nella quale ha dato l’incarico a Mario Draghi, è soltanto una delle tante da ricordare come esempio. Non dimentichiamoci che Mattarella è stato eletto durante il governo Renzi, per poi dare l’incarico a Gentiloni, successivamente al Conte I, poi al Conte II e per ultimo appunto all’ex capo della BCE. Le prossime elezioni politiche ci saranno nel 2023 e, al netto di eventuali votazioni anticipate, anche nel 2028, quando Mattarella sarà ancora presidente, avrà 86 anni e dovrà occuparsi ancora di ricevere le delegazioni dei partiti al Quirinale e decidere a chi affidare l’incarico di costituire una maggioranza.

Questi scenari gattopardeschi del “tutto cambi affinchè tutto rimanga uguale”, possono accadere soltanto in Italia. Ma questa volta a mio parere c’è stato un aspetto ancora più grave. Alla volontà di lasciare tutto così com’è, si è aggiunta la necessità dovuta ad una attuale classe politica completamente allo sbando e delegittimata (gli eletti del 2018 rappresentano l’espressione di un voto ben diverso da quello odierno), completamente incapace di immaginare un futuro, non avendo nè coraggio nè visione strategica per farlo. E bruciando una personalità come Mario Draghi che difficilmente vedremo più quando lascerà l’incarico nel 2023, per farci accontentare di tirare a campare sicuri soltanto per un altro anno ancora, al termine del quale è prevedibile ci troveremo con un’ingovernabilità ben più accentuata di adesso.

Filippo Piccini

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