NON SCHERZIAMO, DAI

berlusconi quirinale

Da qualche settimana, in misura crescente, non si fa che parlare di Berlusconi possibile nuovo Presidente della Repubblica. Candidatura che, come da tradizione, inizialmente era stata lanciata quasi per provocazione, ma a forza di ripeterla è diventata un qualcosa su cui fare delle scommesse, e adesso addirittura c’è chi è sceso in piazza per contestarla (come il Popolo Viola che dopo dieci anni è tornato ad esistere proprio per l’occasione), così tanto sembra essere un’ipotesi concreta.

Tutto ciò ci ricorda che Berlusconi, prima ancora che un politico è un imprenditore, e prima ancora che un imprenditore è fondamentalmente un comunicatore. Farsi eleggere al Quirinale è sempre stata la sua ambizione più grande, soprattutto perchè gli garantirebbe una sorta di immunità istituzionale pressochè totale. Ai tempi dei suoi primi governi gli ordini del giorno erano le leggi sulle intercettazioni, quelle per sostituire i giudici, nonchè per depenalizzare il falso in bilancio o altri tipi di reati. Tutto faceva pensare che lo scopo finale fosse la soluzione alle sue beghe personali attraverso la promulgazione di leggi di carattere generale, tant’è che l’argomento principale dell’opposizione era proprio la famosa ‘legge sul conflitto di interessi’ sempre invocata e mai realizzata efficacemente.

Il danno che ha fatto Berlusconi all’Italia non è soltanto di carattere economico, dato che durante i suoi governi siamo rimasti pressoché fermi, ma anche e soprattutto di carattere sociale, culturale e politico. Il nostro Paese dopo il ventennio berlusconiano si è ritrovato improvvisamente più povero sotto tutti questi aspetti, dal depauperamento dei beni pubblici, alla mercificazione della donna, alla svalutazione dell’istruzione, fino alla sfiducia nei confronti della politica e della giustizia. Praticamente stiamo parlando di valori all’antitesi di ciò che dovrebbe andare a garantire un Presidente della Repubblica.

Non è un caso che nel recente articolo del The Economist, di cui tanto si è parlato, dove si è eletta l’Italia ‘paese dell’anno’, si sia specificato come il merito sta proprio nell’aver recuperato una situazione così compromessa come quella lasciata dall’eredità del berlusconismo. Danno che a prescindere da come la si pensi politicamente, ha coinvolto anche il centrodestra stesso. Non è un mistero infatti che in quel ventennio i partiti coalizzati attorno a questo schieramento raccogliessero una sorta di ‘Italia dei peggiori’, con dimostrabili alte percentuali di inquisiti e riciclati a vario titolo, non permettendo così al nostro Paese di avere quella destra liberale, moderna e repubblicana che sarebbe stata in linea con quanto invece di virtuoso è presente in Europa.

Se vogliamo trovare almeno un qualcosa di positivo in questa candidatura, in un periodo in cui sembra che tutti vogliano lasciarsi alla spalle le proprie responsabilità (a cominciare da Draghi che ha detto poter tranquillamente lasciare il proprio lavoro di Presidente del Consiglio a qualcun altro, e Mattarella che lo sta dicendo in tutti i modi che non farà il bis), il protagonismo di Berlusconi potrebbe essere anche apprezzabile, se non fosse che proprio per quanto detto fin qui è la persona meno indicata a ricoprire il ruolo a cui aspira. Ma conoscendo il tipo, consapevolmente dirà che non ha mai detto di volersi candidare, e come già fatto altre volte, smentirà tutto affermando che è stato solamente frainteso; essendosi così di fatto regalato qualche mese di resuscitata visibilità politica a spese soltanto della pazienza degli italiani.

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