Katharina Rutschky (1941-2010), sociologa, scienziata dell’educazione e libera pubblicista a Berlino. Ha coniato il termine Schwarze Pädagogik (“pedagogia nera”) che delinea la violenza fisica e psichica come cuore nascosto dell’educazione.
“Pedagogia nera”, pubblicato a Berlino nel 1977, è un lungo viaggio umano e scientifico all’interno dei metodi educativi elaborati per crescere dei bravi adulti obbedienti attraverso la repressione delle loro emozioni, ignorando i loro bisogni, manipolando la loro volontà e per questo usando la violenza fisica e psicologica, l’autoritarismo in famiglia e a scuola.
Rimasto ignorato dal pubblico italiano e mondiale per quasi quarant’anni il libro della Rutschky documenta una storia scientifica e umana che si sussegue dal XVIII secolo fino ai giorni nostri sotto lo sguardo silente, attento e misterioso dei bambini nelle case civili dell’Europa e del mondo. Che cosa si nasconde dietro tutto ciò? Probabilmente il più importante libro, il più rilevante movimento del pensiero sui bambini, sulla violenza, sull’educazione, sul potere e sul male del XX secolo.
“La pedagogia nera è il tentativo tendenzioso di documentare le conseguenze e i fenomeni collaterali derivanti dall’attenzione cui sono stati esposti i bambini a partire dal XVIII secolo. Ho analizzato e selezionato soltanto testi conosciuti, stampati e accessibili, interni alla storia dell’educazione. Tuttavia, per rendere percepibili i conflitti rimossi e nascosti che contribuiscono a determinare questa storia, ho dovuto procedere senza scrupoli, in un certo senso contro le esplicite intenzioni degli autori.”