Bertolucci, che nel 2012 è tornato finalmente a dirigere dopo quasi 10 anni, si è dedicato in questo film ad uno dei suoi temi preferiti: quello dell’irruzione di un elemento esterno (sia esso storico o individuale) che mette in discussione uno status quo imponendo una revisione totale di ciò che si riteneva acquisito o l’esplosione di ciò che era stato accuratamente ricoperto da ipocrisie o autoconvincimenti.
Il quattordicenne Lorenzo ha palesi difficoltà di rapporto con i coetanei tanto che si avvale dell’aiuto di uno psicologo. Un giorno coglie al volo un’occasione unica: finge di partire per la settimana bianca con la sua classe mentre invece si rifugia nella cantina di casa con una ben organizzata scorta di cibarie e le letture preferite.
Non sa che di lì a poco proprio nel suo dorato rifugio irromperà Olivia, la sorellastra venticinquenne che non vede da lungo tempo. Olivia è tossicodipendente e sta tentando di ripulirsi. Nel frattempo soffre di crisi di astinenza e non fa nulla per lasciare tranquillo Lorenzo.
A differenza delle formiche dalla vita sociale rigidamente strutturata, Lorenzo e Olivia sono due personalità che hanno cercato, ognuna a suo modo, di sfuggire al vivere comune. Sarà una cantina a riaprirli, se non al mondo, almeno alla possibilità di prendere in considerazione opzioni diverse.
Se Lorenzo, come un armadillo in gabbia, era convinto di salvarsi compiendo un ripetitivo percorso solitario, Olivia aveva cercato di annullarsi nel confondersi con i muri che la circondavano ai quali sovrapponeva la propria immagine fotografica.
Quando le crisi di Olivia si placano, tra lei e il fratellastro si instaura una complicità crescente: entrambi sono soli ed emarginati. Se Lorenzo vive nel proprio mondo, Olivia, evitata a causa dei problemi dovuti alla dipendenza, ha subito recentemente disavventure amorose ed esistenziali. L’affetto per la giovane si traduce principalmente in una comunione spirituale, i due si lasciano andare a reciproche confidenze, fino a farsi promettere, rispettivamente, di uscire dall’assoluta solitudine e dal vortice della tossicodipendenza.
La conclusione del film, a differenza dell’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti da cui è tratto, lascia spazio alla speranza.