1 giugno 1972: la prima nazionalizzazione petrolifera in Medio Oriente

iraq kirkuk

Viene nazionalizzata in Iraq la multinazionale del greggio a capitale di maggioranza britannico Petroleum Company e le sue operazioni passano sotto il pieno controllo dell’Iraq National Oil Company. E’ il primo Paese in Medio Oriente ad attuare un provvedimento di questa natura per riappropriarsi della ricchezza petrolifera del proprio territorio.

L’Iraq Petroleum Company (IPC), nota in precedenza come Turkish Petroleum Company (TPC), è stata una compagnia petrolifera che, tra il 1925 e il 1961, ha avuto il monopolio virtuale di ogni prospezione petrolifera e della produzione di idrocarburi in Iraq.

Nel 1958 assunse il potere con un colpo di Stato il gen. nazionalista Abd al-Karim Qasim, abbattendo la monarchia hascemita e guidando il suo Paese fino alla sua morte per assassinio nel febbraio del 1963. La sua logica convinzione era che l’IPC producesse petrolio più per i suoi interessi che per quelli iracheni. Una volta al potere, espresse senza alcuna remora questi suoi convincimenti critici verso la compagnia britannica. Fu estremamente critico nei confronti degli accordi monetari raggiunti tra IPC e il passato governo monarchico e, ancor più, del ruolo monopolistico assicurato dal suo Paese all’Iraq Petroleum Company.

Il 12 dicembre 1961, il governo iracheno adottò quindi la Legge n. 80 che espropriava il 99,5% delle concessioni delle aree petrolifere al gruppo IPC, senza versare alcun indennizzo, e mise un’immediata fine alle prospezioni petrolifere in corso.

Alla fine degli anni sessanta i rapporti tra governo iracheno e IPC rimasero tesi, col primo che usava la seconda come una componente centrale della sua politica propagandistica anti-occidentale. L’Accordo iracheno-sovietico del 1969 rese più ambizioso il governo di Baghdad che nel 1970 presentò un elenco di richieste all’IPC, inclusa la cessione del 20% degli asset della compagnia e un suo maggior controllo da parte governativa. L’IPC prese ovviamente molto sul serio questi atti e fece alcune importanti concessioni. Acconsentì così ad accrescere sostanzialmente la produzione di greggio e aumentarne il prezzo in alcune aree, oltre ad acconsentire di pagare anticipatamente le royalties.

Tuttavia ciò non fu ritenuto sufficiente dal governo iracheno ed esso avanzò una nuova serie di richieste nel novembre 1970, essenzialmente riguardanti la richiesta di maggior controllo dell’Iraq sulle sue risorse e maggiori profitti. Insoddisfatto dalla mancanza di volontà dell’IPC di accettare le richieste irachene, il governo di Baghdad presentò diciassette mesi dopo alla compagnia un ultimatum con le medesime richieste. L’IPC rispose con una controproposta di compromesso ma il governo ba’thista la respinse il 1º giugno 1972, nazionalizzando le attività dell’IPC, che passarono alla neo-costituita Iraq National Oil Company (INOC).

Nei successivi anni, mentre l’industria estrattiva dell’Iraq settentrionale rimase relativamente indenne durante la guerra Iran-Iraq, combattuta tra il 1980 e il 1988,  il 60% della capacità estrattiva nell’Iraq meridionale e centrale fu danneggiata nella Guerra del Golfo. A partire dai combattimenti del 1991 tra forze curde e irachene nell’Iraq settentrionale, le capacità dei pozzi di Kirkuk si ridussero temporaneamente per atti di sabotaggio curdi. Nel 1996, viene calcolato che la capacità produttiva nel nord e nel centro dell’Iraq oscillasse tra lo 0,7 e 1 milione di barili giornalieri, ben più bassa dell’1,2 milioni di barili quotidiani precedenti alla Guerra del Golfo.

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