23 marzo 1976: colpo di Stato in Argentina

dittatura militare argentina

La sera del 23 marzo 1976 a Buenors Aires la presidente dell’Argentina Isabel Peròn fu arrestata dall’esercito poco dopo aver festeggiato il compleanno della sua assistente. A dare l’ordine di deposizione fu una giunta militare capeggiata dal generale Rafael Videla.

L’ultima espressione del peronismo giunge così al termine dopo un’agonia durata 3 anni dal ritorno di Juan Peròn dall’esilio spagnolo il 20 giugno 1973. Il presidente rimase in carica per pochi mesi, alla sua morte nel luglio 1974 gli succedeva la terza moglie Isabel in un clima di forti tensioni politiche e sociali aggravate da una situazione economica di profonda crisi.

Vista la situazione disastrosa del paese (l’inflazione nel febbraio 1976 salì al 566% gettando la nazione nel baratro) i vertici dell’esercito, tra cui Videla, invitarono Isabel alle dimissioni, che rifiutò, e fu così arrestata e imprigionata in condizioni durissime (solo nel 1981, per intercessione nel Nunzio Apostolico, sarà poi esiliata in Spagna).

Con il governo militare di Videla per l’Argentina inizò un incubo. La repressione fu estesa a tutti i presunti oppositori del nuovo regime, applicando il metodo terroristico della tortura e dell’elimizinazione fisica degli avversari tramite rapimenti perpetrati dalla polizia segreta. Il fenomeno dei “desaparecidos” montò esponenzialmente durante il regime e si stima in una forbice di sparizioni tra le 9mila e le 30mila vittime.

All’inizio degli anni ’80 le tensioni all’interno della stessa giunta portarono all’allontanamento di Videla, che fu poi condannato a due ergastoli per vari crimini contro l’umanità. Nel 1981 il generale fu sostituito dal suo pari grado Roberto Eduardo Viola. Nel 1983 la giunta fu costretta a reintrodurre le libere elezioni, che furono vinte dal radicale Raul Alfonsìn.

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