Il tentativo di Giuseppe Conte è più vicino a quello di Silvio Berlusconi nel 2011 che ai Democratici di Romano Prodi. Di certo è un unicum: nessuno prima dell’attuale presidente del consiglio aveva dato vita a gruppi ‘del presidente’, e in prospettiva a un partito o a una lista, a legislatura in corso. Salvatore Curreri, costituzionalista, docente dell’Universita’ Kore di Enna, esperto di diritto parlamentare, osserva che se nascessero davvero i gruppi contiani sarebbe un inedito nella storia della Repubblica.
“Quando in passato si era posta l’esigenza di gruppi politici che facessero riferimento al presidente del consiglio e non ai partiti – dice Curreri – questi erano nati in occasione delle elezioni, non prima. Così fu per Lamberto Dini, con Rinnovamento Italiano nel 1995 e per Mario Monti, nel 2013, con Scelta Civica. Il partito, cioè, nasce dopo l’esperienza di governo, non durante. Il tentativo di Conte prevede invece che i gruppi (in nuce un partito e una lista) nascano a governo in corso. Questo, probabilmente, ne accresce la difficoltà. Dal punto di vista politico è un’ipotesi vicina a quella condotta da Romano Prodi, nel senso che Conte come Prodi stabilisce una distanza dai tradizionali gruppi dei partiti di maggioranza. Ma Prodi non era premier quando diede vita ai Democratici. Forse l’esperienza più vicina a quella contiana è quella condotta da Silvio Berlusconi nel 2011. Salvo che Berlusconi non fece poi liste dei Responsabili, ma i Responsabili li fece eleggere nelle sue liste”.
Il gruppo de I Democratici – l’Ulivo si formò alla Camera il 31 marzo 1999 con 20 deputati, durante il governo D’Alema. Dopo la caduta del suo esecutivo Prodi si dotò di una pattuglia parlamentare che fosse l’emanazione de I Democratici, l’Asinello, il partito nato il 27 febbraio del 1999. Scilipoti e Razzi fecero parte, invece, del gruppo nato il 29 gennaio 2011 quando 29 deputati costituirono Iniziativa responsabile (formato da Noi Sud – Libertà ed autonomia, Popolari d’Italia Domani – Pid, Movimento di responsabilità).
“Diamo per scontato – spiega Curreri – che i gruppi facciano capo a Conte. L’incognita, tutta politica, è se saranno l’anticipazione del suo partito personale, come nel caso di Prodi, oppure, come nel caso di Berlusconi, un supporto al premier che non si espone direttamente. Staremo a vedere. Certo non è una differenza di poco conto: perchè in un caso o nell’altro cambia anche il profilo della premiership. Il punto di differenza sta nella volontà di Conte di esporsi in maniera più o meno marcata con questo gruppo. Un conto è un gruppo a sostegno di Conte, altro un gruppo che fa capo a Conte. Come, ripeto, fu nel caso di Prodi”.
Una cosa è certa, al Senato il neo-gruppo dovrà aver bisogno del simbolo di Bruno Tabacci, Centro Democratico. “Tabacci si è presentato alle elezioni con Bonino di Piu’ Europa. E’ stato eletto nel collegio uninominale 12 Lombardia. Nelle liste il simbolino di Centro Democratico è posto in piccolo in basso sul simbolo grande Più Europa. In base al regolamento di Palazzo Madama per costituire gruppo oltre alla consistenza numerica di 10 senatori serve un simbolo elettorale. E Tabacci può fregiarsene, portandolo in dote a Conte”, aggiunge il costituzionalista Salvatore Curreri. Questo, oltre che ragioni politiche, spiega perchè Tabacci stia conducendo le trattative per la costituzione dei gruppi.
“Tecnicamente avere un gruppo piuttosto che una maggioranza frammentata è meglio, perchè si tratta di un soggetto unitario. Politicamente – osserva il professore Curreri – non si può non vedere, tuttavia, come sia difficile convivere in un’aggregazione di parlamentari che sfruttano il simbolo elettorale per darsi una parvenza omogenea ma che hanno provenienza, storie e posizioni diverse. Tecnicamente si può dire con Andreotti che sia “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Ma non lo si puo’ dire politicamente: non è un motto che si può applicare ai tempi che stiamo vivendo”.
Contro la costituzione dei Costruttori si è schierato fin dall’inizio Matteo Renzi. Anche il leader di Italia viva è alle prese con un problema di soppravvivenza del gruppo. “Se Nencini ritirerà il simbolo, in base al nuovo regolamento del Senato il gruppo dovrebbe sciogliersi. Ma è anche possibile che questo non accada”, sottolinea Curreri.
La questione sarà demandata alla giunta per il regolamento, che è organo consultivo del presidente, e dove gli equilibri politici premiano Renzi. “Il Pd rinunciò a un proprio rappresentante per consentire a Italia viva di aver un suo esponente. Ora si mangeranno le mani… Ma la ratio con cui fu scritto il regolamento è chiara: impedire il mercato dei simboli, i cambi disinvolti di casacca. E’ vero tuttavia che la norma non è scritta al meglio, come io stesso feci presente all’epoca al gruppo del Pd. Ma chiusero un accordo di quel testo e oggi l’articolo 14 si porta appresso un certo margine di ambiguità. Da un lato non viene escluso espressamente che il collegamento tra simbolo ed elezioni debba valere solo per le elezioni politiche. Dall’altro non è chiaro il coordinamento tra la perdita del simbolo e lo scioglimento del gruppo, motivo per cui, se Italia viva ha potuto costituire gruppo a sè in forza del simbolo del Psi, manterrebbe questo diritto anche quando il simbolo venisse ritirato. Secondo me è un’interpretazione sbagliata. Ma la decisione risentirà, temo, anche di valutazioni politiche. Se così sarà si tradirà lo spirito del regolamento varato nel 2017″.
fonte: AgenziaDIRE.it