La pandemia non è ancora finita. Non è necessario riportare le parole di Tedros Adhanom Ghebreyesus, segretario generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per comprendere che non possiamo pensare sia già tutto alle spalle. È sufficiente considerare che il virus non è assolutamente mutato e che ciò che di diverso c’è rispetto a tre mesi fa è soltanto la sua carica virale indebolita. Considerando che questo deriva principalmente dalle condizioni ambientali e dalle misure di protezione adottate fin qui (dal lockdown fino alle mascherine ed i gel disinfettanti) la previsione per il prossimo futuro potrebbe apparire ovvia.
Purtroppo da parte delle istituzioni non esiste una comunicazione forte ed univoca che rimarchi quali sono i principi di comportamento e le regole da adottare, ma, complice forse anche la volontà di lasciare maggiori libertà agli italiani dopo tre mesi di quarantena, si percepisce troppo un’atmosfera da ‘libera tutti’. Molta responsabilità la hanno anche i virologi e gli scenziati a vario titolo che si sono divisi in due vere e proprie fazioni tra chi ha messo per scritto che il virus non tornerà più e chi invece prospetta una seconda ondata quasi certa.
Addirittura c’è chi ha apertamente dichiarato che il Covid19 si è comportato fino adesso come l’influenza spagnola del 1918 e che allo stesso modo si arriverà ad una seconda ondata a settembre/ottobre che sarà peggiore della prima e potrebbe far contare milioni di morti.
Di una cosa possiamo essere certi, non ci aspettano dei mesi facili sia dal punto di vista sanitario che economico e l’ipotesi che le strutture sanitarie possano di nuovo collassare, per l’arrivo in massa di persone ai pronto soccorso nel giro di poche settimane, è ancora uno scenario concreto. Sarà inevitabile infatti che un certo numero di individui, colpiti da altri sintomi influenzali o parainfluenzali, si riverseranno negli ospedali dove per precauzione dovranno essere sottoposti a tampone. Così come è un dato di fatto che il virus a temperature più basse sopravvive per più giorni riuscendo ad avere una carica virale superiore, che in vista dell’autunno/inverno sarà quindi ovvia.
Vien da pensare che se in questi giorni in cui stiamo avendo temperature prossime ai 40 gradi ed un’umidità ai minimi il virus riesce a contagiare ugualmente tra le 100 e le 300 persone al giorno nel nostro Paese, facendo registrare ancora alcune decine di decessi, vuol dire che possiede un’aggressività ed una pericolosità veramente notevoli.
Purtroppo i mesi di relativa quiete che stiamo vivendo non si stanno investendo in prevenzione in vista di ciò che potrebbe attenderci da qui ad una dozzina di settimane, perchè l’impressione è che si stia sprecando tempo salvo poi ritrovarci all’ultimo a fronteggiare una nuova situazione di emergenza. Test sierologici, potenziamento del tracciamento tramite app, nonchè programmazione di una vaccinazione antinfluenzale diffusa (che eviterebbe appunto il sicuro sovraffollamento degli ospedali) dovrebbero essere temi discussi e rendicontati giornalmente più di quanto non si faccia già.
Non è un mistero che siamo un Paese che per tradizione si fida poco dell’altro, in primis delle istituzioni e di tutto ciò che è pubblico, e che si riduce spesso all’ultimo a risolvere i propri problemi senza dotarsi di un’adeguata salvaguardia, ma se vogliamo veramente uscire bene da questa crisi epocale dobbiamo fare lo sforzo di cambiarci per migliorare, altrimenti sarà soltanto l’ennesima occasione sprecata se non addirittura l’ennesima crisi di sistema, dalla quale sarà difficile venir fuori entro il decennio appena cominciato.
Filippo Piccini