Il 2 giugno di due anni fa veniva ucciso in Calabria Soumaila Sacko, giovane originario del Mali e attivista in difesa dei diritti dei braccianti contro lo sfruttamento dei caporali.
Mentre cercava qualche vecchio pezzo di lamiera in una vecchia fabbrica sequestrata e abbandonata, nella Piana di Gioia Tauro, per aiutare due connazionali a costruire una baracca, viene raggiunto da un colpo di fucile che lo colpisce in pieno volto.
A sparargli Antonio Pontoriero, che di quella terra e quei rottami non era proprietario né custode. Con il suo fucile da caccia ha preso la mira e sparato quattro colpi. Due hanno colpito Soumaila alla testa, uno ha sfiorato uno dei sopravvissuti rimasto a vegliare il corpo senza vita dell’amico, mentre l’altro correva per chilometri per raggiungere la stazione dei carabinieri e denunciare l’accaduto.
Due giorni dopo l’omicidio, sono seguite mobilitazioni spontanee da parte dei compagni di Soumalia che abitavano nella stessa tendopoli e lavoravano negli stessi campi. I braccianti alzano grida di protesta contro le loro condizioni e in solidarietà del loro amico: «Siamo persone, non animali», recitano, «ma ci uccidono come animali». La polizia interviene quasi immediatamente, ma i manifestanti non vogliono saperne di far finta di nulla.
Prima di partire da Bamako nel 2014, prima di attraversare il deserto per arrivare in Libia e poi in Italia, Soumaila faceva l’agricoltore. A causa del cambiamento climatico, il lavoro della terra africana non era più sufficiente a sostenere sua moglie e sua figlia.
Lo stesso giorno della sua uccisione, a 800 km di distanza, mentre si festeggia il 2 giugno, l’allora ministro degli Interni Matteo Salvini pronuncia una delle frasi più celebri della sua propaganda politica: “La pacchia è finita”. Da questa espressione viene scritto il libro “La pacchia” dalla giornalista Bianca Stancanelli, già inviata di Panorama, che ricostruisce la storia inedita del bracciante immigrato.
Il processo che vede imputato l’italiano di 43 anni è cominciato il 20 dicembre 2018. L’ultima udienza si è tenuta lo scorso 13 maggio, quando la Corte d’Assise di Catanzaro avrebbe dovuto ascoltare un superstite ed un altro testimone, ma non è stato possibile. Così il processo è stato rinviato al 24 giugno. La sentenza, per ipotesi, potrebbe arrivare a fine anno.