Per commentare la situazione attuale mi viene in mente un libro di Slavoj Zizek chiamato “Benvenuti in tempi interessanti” scritto nel 2012, che tratta delle conseguenze della crisi economica del 2008, ritenuta fino ad un mese fa la peggiore dopo quella del ’29, e delle possibili soluzioni sistemiche da intraprendere, rifacendosi all’espressione cinese nella quale ci si augura di vivere in tempi interessanti intesi come momenti di grandi sconvolgimenti che possano al tempo stesso costituire anche un’opportunità.
Che cosa abbiamo imparato fino ad ora dalla pandemia di Covid19? Abbiamo scoperto che il sovranismo non è amico del popolo e che quindi è anche semanticamente incompatibile con il termine populismo. I Paesi di Visegrad, così definiti quegli Stati dell’Europa dell’Est che sono attualmente governati da forze nazionaliste di destra, si sono distinti per degli episodi veramente indegni come il sequestro del materiale sanitario spedito dalla Cina al nostro Paese, mentendo sulle reali motivazioni dell’indebita appropriazione, salvo poi venir scoperti e dover rinunciare.
Abbiamo imparato che i Paesi socialisti hanno una maggiore propensione alla solidarietà, dimostrata fino a qui con dei gesti di aiuto concreti al nostro Paese. Cina, Cuba, Venezuela, Vietnam hanno inviato i loro medici ed il loro materiale sanitario, per quanto possibile, secondo il principio un po’ propagandistico, ma molto romantico che si racchiude nella frase pronunciata dai medici cubani all’arrivo a Malpensa: “Siamo qui per aiutare l’Italia, la nostra patria è il Mondo”.
Abbiamo assistito, e putroppo stiamo ancora assistendo, alla totale inadeguatezza e bassezza morale delle opposizioni politiche italiane che proseguono con la propria campagna elettorale perenne, dimostrandosi capaci di tutto fuorchè di governare ed assumersi delle responsabilità. La Meloni che dopo aver parlato di complotto europeo per colpire l’Italia, quando ancora gli altri Paesi non erano stati interessati dal virus, adesso sta cercando di rilanciare soluzioni facili come i 1000 euro a tutti con un click, indice di chi anche quando era al governo non ha mai compreso cosa significasse realmente governare. Dall’altro lato invece abbiamo l’instancabile Salvini che continua a diffondere fake news, come quella del virus creato nei laboratori cinesi; oppure riportare informazioni volutamente distorte come quella di dividere i 400 milioni di aiuti, stanziati dall’esecutivo soltanto per chi nell’immediato non riesce a fare la spesa alimentare, per 60 milioni di italiani, inventando la notizia che il governo darà soltanto 7 euro ad ognuno per tutto il periodo della quarantena. Mi chiedo sarcasticamente se la vera emergenza sanitaria nel nostro Paese non sia rappresentata dai tanti milioni di italiani che si affidano a lui votandolo come proprio rappresentante.
La situazione purtroppo è molto seria e come tale deve essere affrontata. Stiamo assistendo a qualcosa di mai visto prima; è inutile fare confronti con l’11 settembre o con la crisi dei subprime, stiamo scrivendo la storia e non avremo riferimenti possibili per capire come farlo. Dovremmo andare molto indietro nel tempo per trovare un’epidemia di tale portata che, al di là del mero conteggio dei deceduti o dei contagiati, abbia realmente inciso in modo così dirompente nelle società all’interno delle quali è scoppiata. L’esempio più significativo è quello della peste del ‘300 che, seppur con tutta la drammaticità rappresentata, ha dato poi via al Rinascimento in Italia e nel resto d’Europa.
I cambiamenti non avvengono mai spontaneamente, deve esserci sempre un fattore scaturante. Se nel passato abbiamo assistito a rivoluzioni di vario tipo che hanno cambiato in modo inequivocabile la società, sia in modo pacifico come la rivoluzione industriale o in modo violento come le rivoluzioni socialiste, oggi stiamo assistendo ad un qualcosa di profondamente rivoluzionario, che ha colpito tutti indistindamente e per la prima volta realmente in modo globale, che può infettare il senza tetto così come il primo ministro, su cui non abbiamo avuto nessun controllo o intenzionalità, ma che inevitabilmente costringerà a ripensarci come specie umana che lotta per la propria sopravvivenza non più così ovvia. Come ci ricorda anche l’economista Rifkin: “Nella storia le trasformazioni epocali sono sempre state precedute da disastrose epidemie”.
Tutti quanti confidiamo nel vaccino e mettiamo in conto soltanto quanto tempo ci vorrà prima che questo venga diffuso, ma se non dovesse mai venire fuori? Non è così scontato che si riesca a produrlo, così come non si è mai trovato per l’aids in decenni o come non è mai stato realizzato per la Sars (un altro coronavirus). Molto più probabile è trovare dei farmaci che funzionino realmente, nonostante non sempre ciò che è un primo risultato incoraggiante si tramuta in una soluzione, anche perchè quando ci si sbaglia sulla sicurezza di un farmaco si ottiene a volte l’effetto contrario.
Forse è per questo che ha senso parlare ad esempio di reddito universale, o meglio già se ne parla da anni, ma adesso è il caso di attuarlo. Stesso discorso per l’automazione, che spesso è coincidente con il concetto di sussidio economico di base, e che mai come ora servirebbe per mandare avanti ugualmente un’economia di fatto in lockdown per mancanza di persone fisiche che possano rischiare di farla funzionare. Laddove ciò non è possibile è utile potenziare il concetto di smart working, anche qui esistente da decenni, ma mai realmente applicato soprattutto nel nostro Paese. I membri del consiglio europeo che non vogliono cedere sugli Eurobond (o Coronabond) che permetterebbero di finanziare tutti questi investimenti senza metterli in deficit, sono forse l’ultimo ostacolo non insormontabile per affrontare questa crisi. Che ricordiamo, con l’accelerazione dei cambiamenti climatici non è detto che non possa ripresentarsi magari tra pochi anni sotto forma di un nuovo virus, e per questo occorre fare dei ragionamenti strutturali.
Come si vede le risposte si intravedono tutte e per buona parte sono già alla nostra portata. Ora che c’è un reale motivo per attuarle credo che anche i più scettici non avranno molti dubbi. Anche perchè spesso ciò che inquieta nel cambiamento è il proprio ruolo che viene rimesso in discussione. Cosa rimane da fare a noi poveri esseri umani se non andiamo tutti i giorni a produrre e consumare deliberatamente adesso che dobbiamo rimanercene a casa e, al netto di false illusioni, dovremo rimanerci ancora per un bel po’ o tornarci dopo un periodo di tregua? Il consiglio è quello di ripartire da ciò che realmente ci rende diversi dagli altri animali sociali, ovvero la consapevolezza del saper creare. Il pensiero, l’arte, la cultura, la musica, il gioco, le espressioni dell’anima in ogni loro forma e sostanza. Uscire dal concetto di “uomo ad una dimensione” di marcusiana memoria, dipendente dai bisogni superflui derivanti dalla civiltà del consumo, per compiere così la propria rivoluzione innanzitutto interiore, per secoli teorizzata ed auspicata e forse adesso finalmente possibile.
Filippo Piccini