Kingpin // Peter, Bobby Farrelly

kingpin film poster

La vita non è come nei film… o forse si? La realtà, per noi poveri mortali, non può contare su happy ending costruiti a tavolino ma deve attenersi a un copione spesso pasticciato e irrazionale. Se siete quindi stufi marci di finali strappalacrime e deus ex machina che con uno schiocco di dita stravolgono anche la situazione più irreversibile, permettetemi di consigliarvi una piccola chicca cinica e acida come “Kingpin”! Mai sentito? Non avevo dubbi!

Nel 1996 i fratelli Farrelly (Scemo e più scemo – Tutti pazzi per Mary – Io, me e Irene…) tirano fuori dal loro folle cilindro “Kingpin” una commedia nerissima, caustica, sporca e dannatamente spassosa. La storia ruota intorno a Roy Mulson (un Woody Harrelson spettacolare), promessa del bowling e campione nel 1979 nello Stato dell’Iowa. Sulla cresta dell’onda però Roy perde la mano destra, a causa di una scommessa tarocca architettata dallo sprovveduto Roy insieme al campione Ernie McCracken (un gigantesco Bill Murray). Questo segna la fine della gloriosa carriera di Roy che si trasforma in un desolato, mezzo pelato, sovrappeso e scadente piazzista di articoli da bowling. Eppure la vita ha in serbo un asso per Roy! L’incontro con lo stralunato bamboccione Ishmael (Randy Quaid), un giovane amish, con un talento innato per il bowling riaccende in Roy la scintilla della competizione. La missione? Entrare nel circuito professionistico per vincere il mega premio in palio.

Tutto il film è intriso di gag assurde, al limite dell’osceno, situazioni agghiaccianti e secchiate di cinismo. Eppure c’è anche molto altro. Si respira a pieni polmoni la disillusione, la sconfitta, l’amarezza di un uomo che ha toccato il cielo con un dito e poi è piombato nel fango. C’è l’arrivismo, la brama di fama e soldi, la cattiveria più becera e nessun riscatto morale.

Per i Farrelly la vita non è un campo di margherite da cogliere, ma un campo minato. “Kingpin” fa ridere di gusto, anche in maniera dozzinale, e allo stesso tempo riesce a creare empatia con i personaggi e soprattutto con Roy. Lui incarna un po’ tutti noi… alle prese con una vita amara, che prima elargisce e poi toglie, alla ricerca di un posto nel mondo che sembra non esserci. Roy si piega, si rialza, spera e talvolta bara. Ha un cuore grande Roy (e anche un grande stomaco!), e forse da qualche parte il suo posto è riuscito a trovarlo… e magari lo troveremo anche noi.

Buona Visione

Serena Aronica

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