30 luglio 1942: la battaglia di Serafimovich

In seguito all’ordine del comando supremio sovietico “di resistere su tutti fronti e di non arretrare ulteriormente”, il 30 luglio 1942 i sovietici, partendo da Serafimovich, esercitano il loro massimo sforzo contro la divisione italiana Celere, che subisce qualche flessione. Nelle prime ore della notte successiva il 3° e il 6° reggimento bersaglieri riescono ad attuare un contrattacco, in cui cooperano con il 578° reggimento fanteria germanico, piegando la tenace resistenza avversaria. Il giorno successivo viene eliminato ogni avamposto a occidente del Don occupato dai sovietici.

Questa operazione fu il preludio di una piú grande offensiva sovietica tra l’agosto e il settembre 1942. L’offensiva, passata alla storia come “Prima battaglia del Don”, mirava a sfondare il tratto di fronte controllato dalle truppe italiane e ungheresi, per alleggerire la pressione tedesca su Stalingrado. L’esito della battaglia non vide però vincitori nè i Sovietici nè le truppe dell’Asse: infatti i Sovietici non ottennero il previsto sfondamento del fronte e le truppe dell’Asse non ottennero una vittoria di rilievo sul nemico. Era chiaro agli ufficiali italiani che affrontare una difesa statica lungo il Don era impossibile e che lo sfondamento sovietico del fronte era solo una questione di tempo.

Dei 200.000 caduti italiani della Seconda Guerra mondiale, oltre 78000 moriranno in Russia, combattendo o in prigionia. La triste contabilità delle morti non è concorde sulle proporzioni. Non sappiamo a tutt’oggi precisamente quanti morirono in combattimento e quanti in prigionia. Le fonti memorialistiche italiane e quelle militari parlano di 15000 morti in combattimento e oltre 60000 in prigionia (mancano all’appello i dispersi). Fonti sovietiche, nel 1981, arrivano a 21000 morti in battaglia e circa 47000 in prigionia.

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