È la terza inchiesta aperta dalla Procura di Genova dopo la tragedia del Ponte Morandi, ma non riguarda direttamente il crollo o i controlli truccati su altre infrastrutture. Il fascicolo per «favoreggiamento» affidato al pm Walter Cotugno è infatti sui possibili depistaggi successivi alla strage del 14 agosto, quando nel cedimento di oltre 200 metri del viadotto morirono 43 persone, e coinvolge sia dipendenti del binomio Autostrade-Spea Engineering (la seconda, controllata dalla prima, è addetta a manutenzioni e prevenzione rischi) sia consulenti esterni: l’ipotesi è che abbiano interferito consapevolmente con gli accertamenti avviati sette mesi fa. «Si tratta d’un fronte autonomo – conferma il procuratore capo Francesco Cozzi – e ovviamente secondario rispetto a quelli sulle responsabilità nello scempio o sulle possibili ispezioni truccate in altri ponti. Abbiamo tuttavia circoscritto alcuni episodi meritevoli di approfondimento, casi specifici in situazioni specifiche e non eclatanti, in cui potrebbero essere stati compiuti comportamenti volti a coprire eventuali responsabilità colpose».
Al momento sono 3-4 i nomi al vaglio degli inquirenti, e un paio le vicende sotto esame. Una in qualche modo interna alla filiera Autostrade per l’Italia-Spea, su cui il riserbo è massimo; dell’altra s’erano registrate alcune indiscrezioni nei mesi scorsi, quando i poliziotti della squadra mobile inviarono ai pm una relazione sul caso, e per ricostruirlo bisogna tornare alla sera del 14 agosto. Un dirigente di Aspi, Enrico Valeri, contatta Chiara Murano, funzionaria commerciale di Ismes-Cesi. Quest’ultima è la società di consulenza che nel 2016 fu incaricata di alcune verifiche sul Ponte Morandi. E a seguito delle sue ispezioni consegnò un report in cui si evidenziavano anomalie e si consigliava l’installazione di sensori, mai posizionati. A ridosso del massacro, quindi, un rappresentante di Autostrade chiede a Ismes-Cesi di re-inoltrare il dossier di due anni prima. Murano soddisfa la richiesta della concessionaria, ma non si limita ad allegare il vecchio studio. Il file in formato pdf che contiene le segnalazioni del 2016 è accompagnato da un articolato messaggio di posta elettronica dove, non si capisce in base a cosa, si manleva di fatto Aspi dalle responsabilità sul disastro, ricondotte dalla medesima Murano a «vizi del progetto originario». Una smaccata retromarcia ed è necessario capire perché fu innestata. Qualcuno fece pressioni su Ismes-Cesi? Murano decise di scrivere in autonomia o c’entrava qualcosa pure il superiore Andreis? Entrambi, nei mesi scorsi, sono stati allontanati dal gruppo Cesi.
Aspi: “In Puglia nessun rischio”
Ieri intanto Autostrade, con una nota, ha precisato la propria posizione in merito alla pubblicazione di alcune intercettazioni relative a un altro filone di accertamenti, quello sulle presunte ispezioni truccate su viadotti diversi dal Morandi. Le conversazioni erano avvenute a dicembre e a gennaio scorsi, quindi dopo la strage di Genova, tra il direttore del tronco pugliese Gianni Marrone (Autostrade per l’Italia) e Andrea Indovino (tecnico Spea impegnato proprio in Puglia). Nei dialoghi Marrone sembra fare pressioni su Indovino affinché modifichi il report sullo stato del viadotto Paolillo, sull’A16 Napoli-Canosa, per non evidenziare alcune «difformità» che avrebbero potuto insospettire dirigente del ministero delle Infrastrutture e far scattare lo stop ai trasporti eccezionali sul manufatto. I colloqui, precisa tuttavia la direzione del tronco pugliese di Aspi, «si riferiscono a un’incongruenza nella documentazione sulla costruzione degli anni ’70, superata dal collaudo e dalle relative prove di carico sulla trave installata». Ancora: «Non vi è nessun riferimento alla staticità del ponte, la cui sicurezza è sempre stata confermata, né c’è mai stata volontà di omettere informazioni».
fonte: LASTAMPA.it