È morta un’icona della moda. Nel giorno dell’apertura delle sfilate milanesi, ci ha lasciato a 85 anni (ma la vera età, che ha sempre per vezzo tenuta segreta, forse è più alta) Karl Lagerfeld, storico direttore creativo di Chanel e Fendi. Non è un azzardo dire che da oggi il pianeta moda, da lui abitato controcorrente per una vita, non sarà più lo stesso.
Personaggio scomodo, leziosamente fuori dal tempo «perché io non sono mai fuori moda è lei che segue, impazzendo, me», eclettico a essere riduttivi, quasi dittatoriale nel perseguire la perfezione nel backstage della passerella, ha inventato stili, sbaragliato archetipi, impresso alla moda una funzione prima di tutto culturale.
Non simpatico, aristocratico e sfuggente, fece di Chanel, il suo punto d’arrivo, una maison post-moderna. Giacca nera che svolazza sui jeans seconda pelle, camicia dal collo che sfiorava il mento, black tie alla Blues Brothers, leziosi guantini aperti sulle unghie squadrate. Amava l’Italia nel suo saper essere giacimento di stile: «Solo in Francia e in Italia ci sono ancora artigiani eccellenti e questa cultura sopravvive grazie ai super-ricchi». Farl Otto Lagerfeld nasce ad Amburgo il 10 settembre 1933 da Otto, industriale di prodotti caseari ed Elizabeth Bahlmann. Lui da subito rivendicò l’ascendenza nobile da parte di mamma «conosciuta come Elizabeth di Germania». Quel tratto aristocratico, che dipendesse o meno dal Dna, ha segnato tutta la sua vita. A 14 anni va a Parigi per studiare Arte e Disegno e nel 1954 vince il Woolmarl Prize, uno dei primi premi di moda. Lo dovette però dividere con un altro giovane emergente che di nome faceva Yves e cognome Saint Laurent. Fra geni – pur diversissimi – si riconobbero subito, e alla fine litigarono perché innamorati dello stesso ragazzo, Jacques de Bascher de Beaumarchais.
Grazie al trampolino del premio Karl diventa l’assistente di Pierre Balmain e disegna l’haute couture di Jean Patou. Il suo messaggio divide subito: spacchi, scollature e orli corti fanno discutere. Ma lui mordeva il freno, aveva voglia di Contemporaneo. E pazienza se il pubblico non apprezzava, finiranno per rincorrerlo. Nel 1965 il suo genio può finalmente decollare: comincia la collaborazione con la maison Fendi (con le sorelle romane firmerà un contratto a vita): Lagerfeld rimodella il marchio impastandolo con uno stile sexy-fanciullesco. Nel 1983 un’altra svolta, la più importante e ambiziosa: insegnare alla Maison Chanel il linguaggio del futuro. Da brand per signore dall’eleganza ormai un po’ agée la casa di moda nata dall’intuito di Coco, la stilista più rivoluzionaria del ’900, aspira a diventare uno status symbol, marchio al top dello stile.
Da qui in poi la sua storia è nota. Karl Lagerfeld vince tutte le sfide. Anche quella del 2001 quando decide di ridisegnare se stesso. Appassionato di hamburger ad alto tasso di mostarda e Coca Cola, riesce a perdere 42 chili. A quel punto si piace e osa ancor di più. Ammette di vestirsi come se ogni giorno fosse Carnevale, ma tutto quel che fa si trasforma nella quintessenza dello stile. Da oggi il mondo della moda è orfano del suo «kaiser». E non si intravedono – almeno al momento – eredi all’orizzonte.