Da pochi giorni è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il “decretone” che contiene, tra le altre cose, anche l’ormai noto Reddito di Cittadinanza. Precedentemente, come sappiamo, è stato approvato nella manovra di bilancio lo stanziamento necessario per poterlo finanziare. Entro metà marzo il Parlamento dovrá convertirlo in legge, ma tendenzialmente, verrà promulgato cosí come è, iniziando a funzionare già dal mese prossimo quando sarà possibile inviare le prime richieste.
Possiamo per fortuna risparmiarci tutta la disinformazione che si è diffusa in questi ultimi mesi in cui, complice anche l’ingenuità di alcuni esponenti del governo, ha fatto sí che molte persone si siano convinte, tra le altre cose, che il reddito di cittadinanza sarebbe stato soltanto di 100€, si sarebbe potuto spendere solamente per i beni di prima necessità non “immorali”, non si sarebbe dovuta possedere la prima casa, e via dicendo tutta una serie di paletti e limitazioni assolutamente inventate.
La sensazione che ormai si è diffusa infatti è che lo abbiano approvato, ma con talmente tante limitazioni che nessuno o quasi potrà accedervi. Questo è quello che volevano far passare i principali mezzi di informazione, televisioni e giornali in primis, e c’è da dire che per buona parte ci sono riusciti, nonostante per fortuna le cose non stiano come vorrebbero far credere.
Senza fare ora una disamina su tutti i requisiti e le modalità per richiederlo (rimando a questo pdf ufficiale riferito al decreto che è stato giá approvato e dove ci sono tutti i dettagli), in sostanza l’unica cosa da tenere bene in considerazione è l’indipendenza dal proprio nucleo familiare che altrimenti potrebbe non far rientrare il singolo che vuole richiederlo nell’Isee minima dichiarata. Tutto il resto si è rivelato essere un insieme di fandonie montate volutamente ad hoc.
Sorvolando quindi sui tecnicismi, si può tranquillamente affermare che il reddito di cittadinanza è la misura piú di sinistra che in questo Paese si sia approvata negli ultimi 20 anni. Per trovarne un’altra, spinta da principi egualitaristici, bisogna tornare indietro forse alla patrimoniale del primo governo Prodi, quello appoggiato anche da Rifondazione Comunista per intenderci, del 1996-98.
Questa misura in ogni caso, oltre a garantire che nessuno rimanga indietro (sia costretto a non nutrirsi adeguatamente, rinunci a delle cure per mancanza di soldi, arrivi a dormire nella propria auto perché impossibilitato a pagarsi un’abitazione), ha l’obiettivo anche di rivitalizzare i consumi, obbligando i percettori a spenderlo interamente entro il mese, oltre ad incentivare le aziende ad assumere, dato che potranno ricevere fino a 18 mensilità del reddito erogato che andrebbe, diversamente, al dipendente appena contrattualizzato.
Certo, inizialmente i centri per l’impiego potrebbero non funzionare completamente a regime, e si potrebbe assistere alla semplice erogazione del reddito senza le prime concrete proposte lavorative. Per quelle si potrebbe aspettare per averne di effettive, almeno l’autunno. Pazienza. È evidente che chi critica questa misura, dopo mesi di disinformazione, soltanto perché i centri per l’impiego al momento non funzionano come dovrebbero e ci vorranno mesi per sistemarli, ignora ingenuamente alcuni aspetti o lo fa volutamente di mestiere. Per come la penso io, è bene che intanto chi ne ha diritto lo inizi a percepire, il resto si vedrà nelle tempistiche del caso necessarie che ci vorranno.
Purtroppo non tutti la pensano cosí e soltanto all’idea di una misura del genere, inorridiscono. Viviamo senza dubbio in una società che ha in testa il “valore del lavoro” sapientemente inculcato dal capitalismo (ma anche dall’anticapitalismo) principalmente nel secolo scorso. “Chi non lavora non fa l’amore”, si cantava nelle televisioni e nelle strade, padroni e operai spesso contemporaneamente, seppur da luoghi diversi. Non è un caso forse che i sindacati confederali abbiano indetto uno sciopero per il prossimo 9 febbraio rivendicando che nella manovra non ci siano abbastanza investimenti per il lavoro, criticando il reddito di cittadinanza e la quota 100 come se la persona fosse soltanto subordinata a qualsiasi sovrastruttura economica, oltre che politica.
Non è un caso, forse, che uno degli articoli piú cliccati del nostro sito (in base ai termini inseriti nelle ricerche provenienti da Google) tratta della diffamazione tra colleghi nei luoghi di lavoro, posti nei quali è noto da sempre come vengano fuori gli istinti migliori delle persone (molto ironico ovviamente). Nè forse è un caso che nei campi di concentramento ci fosse scritto “Il lavoro rende liberi”. Spero vivamente che i cosí detti “fautori del lavoro” possano nel giro di una generazione e non di più, rendersi conto dell’assurditá che rappresenta e che ha rappresentato per secoli. Senza risalire agli schiavi dell’antico Egitto che costruivano le piramidi, o ai bambini che nell’Ottocento spingevano i carrelli con la testa nelle miniere. Si potrebbe non sorvolare anche sulle situazioni presenti vissute in alcuni call center nostrani prossimi all’Albania o a quello che avviene nei campi agricoli con i braccianti sfruttati in varia forma e natura.
Speriamo che questa misura rappresenti soltanto un’anticipazione dell’obiettivo finale, ormai non piú tabu, del reddito minimo universale (argomento discusso anche al vertice di Davos). É auspicabile immaginarsi che un giorno il lavoro potrà essere visto come un qualcosa di bestiale e ci si meraviglierá come un tempo degli esseri umani potessero svolgerlo andandone anche fieri. Un po’ come ci meravigliamo oggi quando realizziamo che non esisteva fino a poco più di cento anni fa nessun tipo di pensione, neanche minima, per gli anziani. Speriamo veramente in un nuovo Rinascimento in cui l’attività dell’uomo non sará concentrata soltanto in un’occupazione utile principalmente a fargli impiegare del tempo per dargli uno scopo, ma che si valorizzerà la propria vita attraverso un significato da ricercare, ad esempio, negli altri; non piú a quel punto dei meri competitor funzionali alla produzione, ma delle persone con cui convivere e collaborare in una collettività che faccia della diversità, a differenza dell’omologazione richiesta nelle attività produttive, un arricchimento.
Ci stiamo affacciando in un’epoca in cui grazie all’automazione, all’energia rinnovabile che potrá essere prodotta gratuitamente da ognuno all’interno della propria casa, e al costo marginale di produzione prossimo allo zero, tutto questo sarà forse possibile.
Filippo Piccini