Sono i primi giorni del gennaio 1919. L’eco delle bombe che hanno precipitato l’umanità nella più grande carneficina fratricida fino ad allora conosciuta, la prima guerra mondiale, si sono da poco spenti e sull’orrore di quel massacro le forze oppostesi al conflitto tornano, con rinnovati forza e vigore, a professare la necessità di un mondo senza più sfruttati né sfruttatori. La rivoluzione in Russia, d’altronde, ha convinto molti che le masse subalterne possano davvero prendere il potere ed avviare la costruzione di una società in cui povertà, guerra e fame siano bandite una volta per tutte. Lo spettro del Comunismo, per dirla con Marx, si aggira sempre più minacciosamente in tutto il vecchio Continente.
La Germania sconfitta e economicamente affossata dai risarcimenti stabiliti nei trattati di pace rappresenta in questo quadro un tassello di cardinale importanza: gli stessi rivoluzionari russi sanno bene che gli esiti a lungo termine della loro pur vittoriosa insurrezione trovano una variabile di assoluta rilevanza nella presa del potere da parte delle forze comuniste ed operaie nel Paese mitteleuropeo. Nel novembre del 1918, in un’atmosfera sempre più incandescente, dei moti popolari portano alla caduta del Kaiser ed alla fondazione di una nuova Repubblica alla cui guida, tuttavia, si affermano i social-democratici, raccolti in quella stessa SPD che ha votato favorevolmente per i crediti alla guerra contribuendo così al disfacimento della II internazionale e collocati in un campo di compatibilità con il capitalismo ferocemente avversato dai comunisti. In una situazione che poteva ricordare quanto era avvenuto nell’ex-impero zarista fra il febbraio e l’ottobre del 1917, dunque, le forze della sinistra radicale tedesca decidono di operare al fine di realizzare le condizioni per porre all’ordine del giorno una svolta in chiave autenticamente proletaria del governo del Paese.
Perché dalla teoria si passi all’azione basteranno poche settimane. Il 4 di gennaio del 1919, come si diceva, la rimozione da capo della Polizia di Berlino di Emil Eichhorn, giornalista e politico di convinzioni massimaliste, induce il neonato partito comunista tedesco (KPD) – frutto della fusione della “Lega di Spartaco” e dei “Comunisti Internazionalisti Tedeschi” – a promuovere una grande manifestazione di protesta. La dimostrazione, tuttavia, sfugge di mano ai suoi stessi organizzatori e gli operai scesi in piazza in armi prendono a scontrarsi violentemente con la polizia, erigono barricate e danno vita a qualcosa che in breve assume i caratteri di una insurrezione. Friedrich Ebert, capo socialdemocratico del governo, dopo brevi consultazioni e trattative decide per l’intervento armato: è questa una scelta che segnerà irrevocabilmente la storia della SPD sancendo come e più del suddetto voto per i crediti di guerra il suo tradimento degli ideali marxisti e della causa del movimento operaio.
L’esercito, affiancato per espressa volontà del ministro dell’Interno, anch’egli socialdemocratico, Gustav Noske dai così detti freikorps – milizie volontarie di orientamento reazionario – è meglio armato ed organizzato e riesce in pochi giorni ad aver ragione degli insorti reprimendo i moti nel sangue. Il 14 gennaio la leader spartachista Rosa Luxemburg intitola quello che, a sua insaputa, sarebbe stato il suo ultimo editoriale: “L’ordine regna a Berlino”. Purtroppo per lei, tuttavia, nelle sale del Governo ancora non si è soddisfatti: le forze comuniste vanno annientate e la loro organizzazione decapitata! La stessa Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, altro personaggio di spicco del KPD, sono arrestati dalla milizia civica di Wilmersdorf nel pomeriggio del 15 gennaio 1919 e condotti all’Hotel Eden ove la Divisione dei fucilieri a cavallo della guardia ha installato il proprio quartier generale. Gli ufficiali del reparto hanno già predisposto tutto per l’omicidio.
Verso le undici di sera Karl Liebknecht viene condotto al di fuori dell’albergo attraverso una porta secondaria: colpito alla nuca davanti all’ingresso con il calcio di un fucile e caricato su un’auto viene trasportato nel Tiergarten, il parco del giardino zoologico di Berlino. Sono presenti il tenente di vascello Horst von Pflugk-Harttung, il capitano Heinz von Pflugk-Harttung, il tenente von Rittgen, i sottotenenti Liepmann, von Stiege, Schulz e lo Jäger Clemens Friedrich. L’automobile ha avuto un guasto vicino al Neuer See, un laghetto del Tiergarten e, in tale circostanza, Liebknecht, morente, viene scaricato dalla vettura, trascinato per qualche metro lungo un vialetto laterale e finito. Il primo colpo è esploso dal tenente di vascello von Pflugk-Harttung. I suoi assassini si disfano del cadavere lasciandolo a una Rettungsstation (posto di pronto soccorso), dichiarando che è quello di uno sconosciuto trovato per strada.
Poco dopo anche Rosa Luxemburg viene fatta uscire dall’albergo e consegnata dal tenente Vogel allo Jäger Runge che la colpisce con il calcio del fucile appena fuori dall’ingresso, facendole perdere i sensi. Rosa viene caricata su un’auto e alcune persone si siedono accanto a lei. Una di esse la colpisce nuovamente al capo con un oggetto contundente, forse una pistola. Poco dopo, è ormai moribonda, il tenente Vogel la finisce con un colpo d’arma da fuoco alla testa. Il suo cadavere viene gettato dal ponte Lichtenstein nel canale Landwehr e viene ritrovato soltanto alla fine di maggio.
A cento anni da questi fatti nessuna parola sembra più adatta per ricordare l’accaduto di quelle con cui la stessa Luxemburg concluse il suo suddetto editoriale: “L’ordine regna a Berlino! Stupidi tangheri, il vostro ordine è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si leverà di nuovo con gran fragore e annuncerà con uno squillo di tromba per terrorizzarvi: Io ero, io sono, io sarò!”
Andrea Fermi
Bibliografia:
– Paul Frölich, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito Comunista al putsch di Kapp, Pantarei, Milano 2001.
– Gilbert Badia, La Lega Spartachista, Pgreco,