Brexit potrebbe non voler dire Brexit. La Corte di giustizia ha seguito il parere dell’avvocato generale e ha stabilito che il Regno Unito «è libero di revocare unilateralmente la notifica della sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea», se lo vuole. Il pronunciamento arriva alla vigilia del voto del parlamento di Westminster sulla bozza di accordo di uscita trovato tra negoziatori britannici e negoziatori dell’Ue, e apre nuove scenari nella delicata partita della Brexit.
La possibilità di revoca dell’intenzione di abbandonare il club a dodici, stelle, precisano i giudici di Lussemburgo, è prevista «quando un accordo di ritiro concluso tra l’Ue e tale Stato membro non è entrato in vigore», oppure «in mancanza di tale accordo» di ritiro «per il periodo di due anni dalla data di notifica del l’intenzione di ritirarsi dall’Ue e qualsiasi possibile estensione non è scaduta».
Un’arma in più per agli anti-brexiters
Alla luce della sentenza di oggi chi vuole che il Regno Unito resti nell’Ue domani non dovrà fare altro che votare contro la bozza di accordo negoziata sin qui Theresa May, non senza fatiche. Un respingimento della proposta condizionale per l’abbandono dell’Ue permetterà di non avere un accordo di uscita, mettendo il Paese di ritrovarsi in una delle condizioni poste per poter invertire la rotta. A quel punto bisognerà solo rimettere in moto la macchina pro-Europea.
Sullo sfondo lo scenario di un secondo referendum
Immaginare un secondo referendum sulla Brexit diventa a questo punto ancor più possibile. Nella loro sentenza i giudici di Lussemburgo, stabiliscono chiaramente che se nell’esercizio di sue funzioni sovrane il Regno Unito dove decidere di fermare il processo di uscita dall’Ue, «la revoca deve essere decisa seguendo un processo democratico in conformità con i requisiti costituzionali nazionali». Dopodiché questa decisione «inequivocabile e incondizionata» dovrà essere comunicata per iscritto al Consiglio europeo.
Davvero buone notizie per l’Ue?
La posizione in seno all’Ue e ai suoi Stati membri è sempre stata di rammarico ma rispetto per la decisione dei cittadini-elettori britannici. Tuttavia nel corso dei negoziati da più parti è emerso, anche pubblicamente, l’auspicio che la Brexit potesse non concretizzarsi per ripensamenti dei britannici. Uno dei primi a dirlo è stato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. A questo punto la sentenza di oggi, che offre la possibilità a Londra di fare marcia indietro senza dover avere il benestare dei 27, potrebbe risolvere la questione Brexit. Ma mettere anche tutto a posto? Il Regno Unito ha di fatto tenuto ostaggio l’Ue per due anni, due anni di negoziati e doppie sedute di lavoro (con il Regno Unito, e senza il Regno Unito). La fiducia e la simpatia per l’attuale Stato membro sarebbero più che scalfite, se anche Londra restasse. E questo, in una prospettiva di continuazione nelle relazione, potrebbe lasciare un segno.
Stabilito un precedente
Comunque andrà, qualunque sarà la scelta finale dei britannici, la sentenza di oggi è di fatto storica poiché crea un precedente e colma di fatto un vuoto normativo. L’articolo 50 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, quello che innesca le procedure di uscita dall’Unione, non è chiaro. Non proibisce né vieta espressamente la revoca delle procedure. In assenza di disposizioni normative la Corte ritiene che la revoca, al pari della decisione di uscire, è sempre una decisione di uno Stato indipendente e sovrano, e per questo possibile in maniera unilaterale.
fonte: LASTAMPA.it