SINISTRA CONTRO

Non è un mistero che la Sinistra parlamentare, nazionale, europea ed internazionale, sia in crisi già da tempo. In alcuni Paesi, come il nostro, salvo casi eccezionali ed occasioni sporadiche, ha visto calare il proprio consenso in modo significativo.

Risalendo a tempi meno recenti, un colpo cruciale alla sinistra europea è stato inferto con la caduta del muro di Berlino nel 1989, quando i partiti comunisti occidentali furono costretti a reinventarsi in chiave strettamente democratica. Abbandonata l’Unione Sovietica come modello di ispirazione, diretto o indiretto, si imboccò la strada della socialdemocrazia che, di lì a breve, sfociò per buona parte nella così detta “Terza via” interpretata al meglio da Blair, Clinton e ripresa anche da numerosi altri leader nazionali, Italia compresa. Con la “Terza via”, attraverso il riconoscimento dell’individuo all’interno di uno Stato liberale, non veniva trascurato l’aspetto dei diritti e delle tutele sociali, ritrovandosi così in una sorta di compromesso e di “via di mezzo” tra le politiche di destra e le istanze socialiste.

Questa fase negli anni successivi si è sempre più accentuata, fino a trasformare la Sinistra in una forza liberista, che ha inglobato per buona parte le politiche della controparte. Il caso italiano è esemplare. L’ultimo governo di centrosinistra in Italia è riuscito ad ottenere risultati che i precedenti esecutivi di centrodestra potevano soltanto immaginare. Dopo aver votato e approvato la riforma delle pensioni, all’interno della maggioranza tecnica che ci è stata, in qualche modo, imposta dall’Europa con il governo Monti, tali esecutivi si sono addentrati in ampie riforme, ad esempio quella del lavoro, che ha abolito il “posto fisso” come conosciuto fino a quel momento, normato dallo statuto dei lavoratori dal 1970 in poi.

Questo tipo di politica, insieme alla crisi economica e alla congiuntura internazionale, ha favorito il consenso di quei partiti populisti, principalmente di destra, che si sono messi, almeno in apparenza, in opposizione alle élite delle quali la Sinistra si è resa involontariamente rappresentante e portavoce.

In tal modo, è emersa una propensione diffusa a cercare soluzioni estremamente semplici a problemi più complessi. Così come, complice la crisi economica e le necessità sopraggiunte, ci si è rinchiusi nei propri confini e ci si è interessati quasi esclusivamente ai propri bisogni più immediati. Il lavoro, le tutele sociali, la “sicurezza”, più in generale.

Di fronte a tutto questo la Sinistra italiana, e anche europea, hanno abbracciato totalmente la linea dominante dell’austerity imposta dalla Germania e dai Paesi del Nord Europa, passando così, come detto, per i difensori delle élite, della troika e dei grandi istituti bancari.

Non è un caso, forse, che uno degli odierni modelli di Sinistra alternativi più validi provenga dalla Gran Bretagna e sia rappresentato dal partito del lavoro, con il suo leader Jeremy Corbyn. Gran Bretagna che, come sappiamo, ha deciso di svincolarsi dall’Unione europea, e che, proprio in questi giorni, sta ufficializzando la fuoriuscita. Un altro esempio è quello dell’ex ministro dell’economia ellennico Yanis Varoufakis, che con il suo movimento DIEM25 sta cercando di individuare una nuova rotta dalla quale ripartire.

Può esistere, quindi, una Sinistra, se si resta immersi nelle politiche dominanti di questa Europa?

La rottura, ovviamente, non è l’unica soluzione possibile, ma, a meno che non si abbia la forza di rimanere per cambiare l’intero asset politico comunitario, c’è il rischio di fare la fine della sinistra greca di Syriza. Quanto, in questo caso, saremmo d’accordo con chi, come Tsipras, ha deciso di piegarsi ai diktat imposti da Bruxelles, sacrificando qualsiasi tipo di modello alternativo? Si possono, inoltre, intravedere, in qualche formazione populista, dei principi socialisti come ad esempio possono essere individuati nella formazione grillina dei 5stelle?

Questi interrogativi potrebbero essere, insieme, come detto, al modello proposto dall’attuale leader labourista inglese, dei buoni punti di riferimento dai quali ripartire.

Filippo Piccini

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