Ci sono libri che hanno il potere di dominare la mente degli uomini. Pagine dove le parole si trasformano in qualcosa di pulsante, profetico e apocalittico. La mente umana è un vasto campo a perdita d’occhio, dove il seme della follia può attecchire in qualunque momento.
Da questo inquietante presupposto, nasce uno dei film cult girati da John Carpenter. Il seme della follia è una pellicola del 1994 e chiude la Trilogia dell’Apocalisse (iniziata nel 1982 con lo spaventoso La Cosa e proseguita poi nel 1987 con Il Signore del Male). Carpenter, che da sempre utilizza i suoi film per sondare gli sfibrati lembi che dividono il bene dal male, costruisce un film disturbante e che ingloba lo spettatore in una spirale asfissiante di terrore.
John Trent è un brillante investigatore specializzato nello smascherare gli imbrogli ai danni delle compagnie assicurative. Un uomo radicato nella realtà, piantato saldamente nelle proprie convinzioni e perfettamente sincronizzato con il proprio tempo. La fama di Trent spinge l’editore Harglow ad ingaggiarlo. Ciò che Trent deve scoprire è che fine abbia fatto Sutter Cane. Quest’ultimo è uno scrittore horror di enorme successo. Cane sembra infatti surclassare anche la prolifica penna di King, vendendo milioni di copie. I libri di Cane sembrano esercitare sulle menti dei lettori più suggestionabili un profondo sconvolgimento, capace di portarli alla follia. Trent, armato di sigarette e scetticismo, accetta il caso.
Il seme è stato piantato.
A rendere il film di Carpenter un indiscusso capolavoro di genere è in primis la storia che si snoda attimo dopo attimo. Un viaggio allucinante al fianco di Trent che lentamente va in pezzi, e noi con lui. Un caleidoscopico mondo fatto d’infinite sfaccettature dove trovare il riflesso della realtà diventa impossibile. Molte le citazioni ai lavori del solitario di Providence, con chiari riferimenti alle inquietanti creature del mito di Cthulhu. Carpenter segue il filo narrativo senza concederci respiro, spingendoci invece verso il baratro della pazzia. Frame dopo frame scivoliamo in un imbuto umido e spaventoso, dove la realtà perde la sua consistenza per venire soppianta da qualcosa di abominevole e sempre più tangibile.
Carpenter disegna un mondo dove la suggestione esercitata sulla mente delle persone può aprire varchi verso universi sconosciuti e immondi. Luoghi oscuri, primordiali e affamati. La sua è una chiara allusione al potere esercitato dalla chiesa sulle persone, al dogma che da secoli arpiona seguaci per modellarne la mente a suo favore. E qui brilla la genialità di un film che mescola le carte in tavola così rapidamente da confondere lo spettatore, lasciandogli però l’amara coscienza di poter essere raggirato e strumentalizzato come una marionetta. Siamo forse tutti spettatori inconsapevoli?
Il seme della follia, visto oggi, non perde una briciola del suo smalto. Neppure gli effetti speciali, realizzati dalla Industrial Light & Magic, cedono il passo alle nuove tecnologie digitali risultando ancora spaventosi e suggestivi. Carpenter affida poi il ruolo di Trent ad un camaleontico Sam Neil, attore di grande caratura che avrebbe meritato molti più ruoli. Troviamo poi le fattezze aspre e solide di Charlton Heston nei panni dell’editore Harglow.
Che siate amanti o meno del genere horror, Il seme della follia è un piccolo capolavoro che andrebbe comunque visto. Un film che oggi, più che mai, dovrebbe ispirare le nuove pellicole a tema troppo spesso prive di anima. Perché Carpenter instilla nei suoi lavori uno dei terrori più grandi, ovvero il profondo senso dell’ignoto. Nei suoi film nessuno sembra essere davvero quello che dice di essere, la realtà si deforma e lascia intravedere qualcosa di profondamente sconvolgente.
Se avete abbastanza stomaco per farvi le domande giuste, allora recuperate questo cult intramontabile. Altrimenti, lasciate che la vostra realtà continui a mostrarvi la sua rassicurante ed effimera facciata.
Buona Visione
Serena Aronica