Tra scuse e incertezze, Zuckerberg parla al Senato Usa sul caso Facebook – Cambridge Analytica

Teso, nervoso, senza felpa ma con una giacca blu e una cravatta violacea, Zuckerberg alla fine è arrivato al suo giorno più difficile. L’audizione alla Commissione Commercio del Senato americano per lo scandalo Cambridge Analytica è ancora in corso, ma non sembra davvero una visita di cortesia. Il senatore John Thune, a un certo punto, ha fatto cenno all’intera storia di Facebook come “a 14 anni passati chiedendo scusa”. “Ma oggi chi ci assicura che andrà diversamente?”, ha chiesto. “Nel complesso, direi che stiamo attraversando un cambiamento filosofico più ampio all’interno dell’azienda: è necessario assumere un ruolo proattivo”, risponde il capo del social network più grande del mondo.

Il pericolo, aveva detto prima lo stesso Thune, è che “da esempio di sogno americano, Facebook diventi un incubo per la privacy”. Il social network ha “impropriamente condiviso” dati di 87 milioni di utenti senza il loro consenso. “Credevamo che il settore potesse regolarsi da sé, ma adesso io e i miei colleghi abbiamo il dubbio che non sia così”, ha aggiunto Thune.

Dopo quasi un’ora di introduzione, Zuckerberg ha cominciato seguendo il copione del documento diffuso ieri. “Siamo ottimisti, è un mio errore, chiedo scusa”, ha esordito. “Ora dobbiamo andare avanti e provare che abbiamo una visione ampia delle nostre responsabilità”. L’uminica vera differenza è nel fato che oggi dichiara chiaramente che Kogan ha venduto i dati ricavati da Facebook a Cambridge Analytica.

Molto diretto il presidente della Commissione Chuck Grassley: “Facebook utilizza tantissimi dati personali di molti utenti, sfruttati anche da terze parti. Non ha monitorato il trasferimento alle parti terze in maniera attiva”, è l’accusa. Zuckerberg promette di far avere un rapporto completo sulle app cancellate da Facebook, e più volte ha ripetuto di non avere sottomano i dati. Si impegna ad avere una posizione molto più attiva nello scrutinio delle app consentite. “Potrebbe darci queste cifre?”, insiste Grassley. “Signor presidente – risponde il Ceo del social network – chiederò ai miei collaboratori, e le daremo le informazioni richieste.

Zuckerberg parla di elezioni in tutto il mondo (come sempre, senza citare l’Italia), e spiega come Facebook ha rimosso decine di migliaia di account prima che potessero portare un danno significativo al voto. Ci sono delle persone, che cercano di sfruttare questo e altri sistemi. Avremo alla fine dell’anno oltre 20 mila persone che lavorano sulla prevenzione e sul controllo. L’accusa è alla Russia e, per la prima volta “a Paesi vicini alla Russia”, anche se “non è possibile sapere se i dati di Cambridge Analytica sono nelle loro mani”.

“Durante la campagna del 2016 Cambridge Analytica ha lavorato per Trump?” è un’altra domanda. “Non soltanto”, risponde Zuckerberg dopo aver chiesto che fosse ripetuta. “Abbiamo supportato la campagna di Trump come gli altri candidati”. Altra obiezione è che per aiutare gli utenti a difendere la loro privacy potrebbero servire termini di contratto più chiari: “Nella prima riga c’è scritto che l’utente controlla il contenuto”, risponde Zuckerberg. “Non possiamo comunicare tutti i dettagli altrimenti nessuno leggerebbe le condizioni di contratto, ma faremo in modo che il testo sia più breve e più chiaro”, promette.

Il senatore Blunt chiede “Sarebbe a suo agio nel condividere ora con noi il nome dell’albergo dove ha passato la scorsa notte?”. Una luna pausa, poi la risposta di Zuckerberg: “Ehm, no”. Questo è un test importante per il Ceo: deve dare prova di umiltà, ma di fermezza allo stesso tempo, davanti al Congresso, “l’America e possibilmente parte del mondo”, come è stato sottolineato dai Senatori in apertura di audizione. E anche dalla Unione Europea arriva “un messaggio forte e un messaggio chiave: la protezione dei dati personali è un valore non negoziabile” per l’Ue, come ha affermato con forza la commissaria Mariya Gabriel al Digital Day 2018 in merito agli ultimi sviluppi dello scandalo che ha coinvolto Facebook

“Facebook è una piattaforma che non è neutrale, ed è responsabile per i contenuti?”, gli chiedono. Zuckerberg svicola sulla prima parte: “Sono d’accordo che siamo responsabili per i contenuti. Il senatore Blumenthal insiste brevemente, poi conclude: “La mia riserva sulla sua testimonianza di oggi è che non vedo come sia possibile cambiare il suo modello di business, a meno che non ci siano regole specifiche in preparazione”. Il senatore Ted Cruz è ancora più ficcante, e chiede altre informazioni sulla neutralità della piattaforma, con specifico riferimento alla politica, e alle elezioni del 2016. Incidentalmente, è il caso di ricordare che Cruz è stato tra i politici che si sono rivolti a Cambridge Analytica.

Il senatore Nelson chiede se è vero che si potrà evitare la pubblicità pagando una certa quota. Zuckerberg non smentisce, ma prova a spiegare come funziona il meccanismo del controllo della pubblicità: credo sia già un buon livello. Questo è il vostro business model, infatti, ribatte Nelson. “Non offriamo oggi un’opzione a pagamento, dice, ma vogliamo connettere le persone in tutto il mondo e per farlo abbiamo anche bisogno della pubblicità. Ci sarà sempre una versione di Facebook gratuita”. Il senatore Nelson ribatte: “Quindi le persone pagano con i dati?” Alla fine, Zuckerberg ammette: “Sì”.

“Non raccogliete la cronologia dei messaggi e delle chiamate?” “Non so”, risponde lui. “Voglio fare in modo che sia la mia equipe a rispondere, per essere il più dettagliato e accurato possibile”. Molti i “non so”, diverse le promesse di approfondimenti”: Zuckerberg non sembra sempre all’altezza del ruolo di leader globale di una comunità di 2,2 miliardi di persone, eppure a Wall Street le azioni salgono del 4,5%.

fonte: LASTAMPA.it

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