Il flusso migratorio che da anni interessa il nostro paese è costituito nella maggior parte dei casi da persone singole, che intraprendono il viaggio individualmente con la speranza di potersi riunire con la propria famiglia in un secondo momento, attraverso il percorso del ricongiungimento familiare. In molti casi, questi migranti “singoli” intraprendono il viaggio in vista di un possibile percorso di miglioramento del loro status economico, fuggendo da condizioni di vita precarie.
Quando invece è un’intera famiglia a spostarsi, spesso le ragioni del loro trasferimento cambiano e assumono connotazioni politiche e/o religiose, rientrando quindi nella sfera dei richiedenti asilo. Per richiedente asilo si intende “chiunque, […] nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato”1. Immaginate di trovarvi in una situazione che possa mettere in pericolo la vostra vita ma soprattutto quella dei vostri figli, non affrontereste un viaggio lungo e pericoloso per metterli in salvo? Questa è la scelta che ha fatto M., da poco arrivato in Italia con sua moglie e le sue figlie di un anno e mezzo e di cinque mesi. M. è scappato per proteggere la sua famiglia da chi reputa il suo credo religioso una grave colpa.
M. è infatti un egiziano “copto”.
Spesso gli europei mettono in relazione la parola arabo all’appartenenza alla religione islamica e la prima volta che ho incontrato M. ho pensato anch’io la stessa cosa. Parlando con lui però ho capito che questo ragionamento non è poi così scontato. In Egitto è infatti presente una comunità religiosa di origine cristiano – ortodossa, i cosiddetti “cristiani copti”, la cui presenza è pari al 12% della popolazione totale (anche se secondo le stime poco credibili dell’autorità egiziana, non supererebbero l’8% dell’intera popolazione).
Ma chi sono i copti?
La chiesa copta è una delle più antiche Chiese cristiane, ad oggi la più importante nel mondo arabo-islamico, risalente al 50 d.C. quando si dice che l’apostolo Marco visitò l’Egitto. I copti in rapporto alla maggioranza arabo-islamica presentano due differenze fondamentali: l’una sul piano etnico, l’altra sul piano religioso. Da un punto di vista etnico i copti, infatti, sono i discendenti dell’antico popolo egiziano. «Copto» deriva dal nome dato dai greci all’Egitto, «Aegyptos» (Ha-Ka-Ptah, tempio del dio Ptah). I copti non sono altro, quindi, che “gli egiziani”.
Quando nel 641, l’Egitto passò sotto la dominazione arabo-islamica, gli occupanti trovarono lungo la valle del Nilo popolazioni a maggioranza cristiana. A partire dalla metà del VII secolo, gli autoctoni fino ad allora chiamati Aigyptoi dagli occupanti greci e poi Egyptoi dagli occupanti romani, furono designati con la denominazione di «copti». Da allora per la nuova amministrazione, così come arabo significa musulmano, «copto» significa cristiano.
Il nome ha subito nel corso dei secoli un’evoluzione da un senso etnico ad un senso principalmente religioso. Ed è proprio sul piano religioso che si colloca la seconda grande differenza tra la minoranza copta e la maggioranza arabo-islamica. I copti sono dotati di una Chiesa nazionale, che ha come lingua liturgica il copto (ereditata dall’egiziano faraonico), anche se da tempo vi è la tendenza a tradurre in arabo diverse parti della liturgia.
La storia dei copti in Egitto è comunque una storia travagliata, con un continuo alternarsi di periodi di tolleranza e riconoscimento da parte della popolazione egiziana di fede islamica, a momenti di vera e propria persecuzione.
Da qualche anno l’Egitto si trova in una fase di grave violazione della liberta religiosa. Secondo le ricerche del Pew Forum2 è uno dei paesi al mondo in cui maggiormente viene violata la libertà religiosa, soprattutto in seguito agli eventi che caratterizzarono la cosiddetta “primavera araba”. La situazione è infatti degenerata a partire dagli eventi del gennaio 2011 e dalle dimissioni di Mubarak.
Nonostante durante il periodo della primavera araba si respirasse un generale senso di unità e di orgoglio di essere egiziani, prima che cristiani o musulmani, moderati o fondamentalisti, gli anni successivi sono stati caratterizzati da atti di vera e propria persecuzione delle minoranze etniche, in particolar modo dei cristiani copti, a causa del ruolo che ha assunto l’Islam nella vita pubblica egiziana e sul ruolo dello stato nel fenomeno religioso.
A partire dal 2011 c’è stata infatti una escalation degli episodi di violenza nei confronti degli appartenenti alla chiesa ortodossa copta, ultimo nel maggio del 2017, quando 10 terroristi fermarono un autobus diretto al monastero di Anba Samuel, uccidendo bambini, donne e anziani. La furia omicida non risparmiò nessuno e mentre uccidevano, filmavano, ed estorcevano conversioni forzate, raccontano i sopravvissuti. Alla fine il bilancio delle autorità egiziane parla di 28 vittime, tra cui diversi bambini, e decine di feriti, di cui molti in gravi condizioni.
Il gravissimo attentato avvenuto contro i cristiani copti è purtroppo solo l’ultimo di una lunga serie che, probabilmente, non finirà in breve tempo. Rispetto ai tempi del “presidente-dittatore” Hosni Mubarak, deposto l’11 febbraio 2011 dopo una rivolta popolare, i copti si sentono meno protetti. Da tempo lamentano continui attacchi contro i luoghi di culto, le discriminazioni portate avanti dal Governo e gli ostacoli burocratici per costruire nuove chiese, anche solo per restaurarle.
La loro denuncia viene supportata anche dall’iniziativa realizzata dal Tahrir Institute for Middle East Policy, basato a Washington, attraverso la realizzazione del database Eshad3, una mappa interattiva che raccoglie con accuratezza e ricostruisce, anche geograficamente, tutti gli incidenti di persecuzione contro le minoranze (cristiani copti, sciiti ma anche altre, inclusi anche atti contro la maggioranza sunnita). Secondo tale database, gli attentati contro i copti avvengono con una preoccupante frequenza: 502 incidenti dal luglio 2012 a settembre 2017, tra cui omicidi, sequestri, distruzioni di chiese, di proprietà private, di negozi e scuole. Attacchi che avvengono in tutto il Paese: da Nord a Sud, da Est a Ovest e non solo dove spadroneggiano le cellule estremiste.

Nella foto: la mappa è estratta dal database Eshad, consultabile al seguente link: https://eshhad.timep.org/. La mappa riporta il numero e la localizzazione degli incidenti nei confronti dei cristiani copti messi in atto nel periodo che va da luglio 2012 a settembre 2017.
L’iniziativa realizzata, spicca per la sua completezza e per il coraggioso tentativo di far luce, in modo tendenzialmente neutrale, sugli incidenti contro le confessioni religiose che troppo frequentemente avvengono in Egitto, allargando prossimamente il proprio raggio di ricerca anche ad altri paesi.
Maria Giovanna Bono
1 Art.1 della “Convenzione relativa sullo statuto dei rifugiati”, Ginevra, 28 luglio 1951.
2 Per maggiori informazioni sul tema, si consiglia di visionare l’intero report al seguente link: http://www.pewforum.org/2017/05/10/religious-belief-and-national-belonging-in-central-and-eastern-europe/
3 Mappa consultabile al seguente link: https://eshhad.timep.org/