É una fiaba crudele, la seconda opera firmata da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, di quelle che s’incontrano raramente nel cinema italiano e inducono a pensare, che anche i nostri autori sono capaci di sconfinare in territori misconosciuti, con risultati sorprendenti. Quello che colpisce di questa storia, basata sulla misteriosa sparizione del quindicenne Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito mafioso che dopo 779 giorni di prigionia fu strangolato e sciolto nell’acido nitrico, è il registro scelto dai due registi.
Supportato dalla sublime fotografia di Luca Bigazzi il film non racconta semplicemente un fatto di cronaca, ma lo trasfigura in un sogno incubo, vissuto in prima persona da Luna, la tenace ragazzina innamorata di Giuseppe, che non si accontenta di subdole spiegazioni, che hanno il solo scopo d’insabbiare l’impensabile.
Fin dalla prima inquadratura, che ha il sapore di un idillio prossimo a naufragare, veniamo catapultati in un territorio visivamente affascinante, ma al tempo stesso inquietante e respingente. Siamo in un bosco, che sembra sovrastare ogni nostra intenzione e seguiamo i due ragazzini nei loro primi approcci amorosi. Sentiamo incombente una minaccia, che dapprima ha le fattezze di un grosso cane randagio,per poi tramutarsi in una sparizione, che all’inizio sembra non destare troppi sospetti. Non per Luna, che dotata e mossa da un’indomabile immaginazione, cerca di arrivare alla verità affidandosi al mondo dei sogni, l’unico in grado di accoglierla in un grembo materno, che sembra sfuggirle nella vita reale. In questo senso risulta particolarmente efficace e in netto contrasto lo spigoloso rapporto con la madre svizzera, che sembra non concederle nessuna attenuante al pari di una matrigna.
L’universo simbolico che permea l’opera di un’atmosfera irreale, può suscitare qualche perplessità, perchè se è vero che da un punto di vista visivo il film è praticamente perfetto, dall’altro può lasciare una vaga sensazione d’incompiutezza. Pensiamo alla sceneggiatura, non sempre fluida, che inciampa in dialoghi poco credibili, o alla recitazione dei due protagonisti che sembra rallentare l’azione e togliere ritmo alla storia. Ma l’essenza del film, si nasconde altrove e il messaggio da cogliere va ben oltre le magnifiche immagini, che lo rendono comunque un esperimento di notevole complessità.
La vera protagonista della storia è la Sicilia, terra d’incredibile bellezza e vitalità, troppo spesso offesa e umiliata dall’uomo che non riesce a concepire nella sua mente limitata e affossata da interessi personali, l’idea di bellezza. E qui non possono che tornare alla mente le parole di Peppino Impastato, che si batteva affinché venisse insegnata alla gente la Bellezza che va di pari passo con il ritorno della natura, a cui Luna e un insospettabile ragazzino occhialuto (attenzione al suo discorso durante le ricerche di Giuseppe) sembrano non voler rinunciare.
Laura Pozzi