E’ sempre difficile esprimersi dopo un evento come l’attentato avvenuto la scorsa notte a Manchester a conclusione del concerto della cantante statunitense Ariana Grande che ha provocato almeno 22 morti e svariati feriti. Se scorriamo all’indietro, ci siamo trovati a commentare, quasi più per esigenza di non rimanere in silenzio che per necessità di cronaca, gli attentati di Charlie Hebdo, di Parigi e di altri avvenimenti su più fronti, saltandone anche alcuni, a conferma che fatti di questo tipo sono ormai diventati da eccezione a parte della quotidianità.
Il meccanismo è lo stesso, si cerca di colpire nei momenti di maggiore debolezza. La mattina sotto le metropolitane affollate di gente che va a lavoro, la sera durante un momento di svago ad una festa, o alla fine di un concerto quando ormai si è abbassata la guardia ed esausti ma felici si va a casa.
L’attentato di ieri risulta particolarmente fastidioso perché il pubblico presente era composto principalmente da giovani e giovanissimi, teenager per lo più ragazzine che si trovavano magari per la prima volta ad assistere ad un concerto. La musica, che nei territori dello Stato Islamico è vietata in quanto considerata offensiva nei confronti della religione, rappresenta da sempre la libertà che si concretizza nell’insieme di emozioni che ascoltare una canzone, al di là del genere preferito, suscita in ognuno di noi. E questo per chi predica una legge ferrea che ha la presunzione di rifarsi alla legge di un dio che impone unicamente i propri diktat non è accettabile.
Essere l’idolo di qualcuno, in età adolescenziale, significa rappresentare e farsi voce delle speranze di vita, dei sogni e degli obiettivi che a quell’età ci si inizia a dare. Assistere ad un concerto di chi queste aspettative incarna, rappresenta il punto di massima soddisfazione per tutto un mondo di fan. Ariana Grande è una cantante statunitense, di origini italiane. Per quanto possa sembrare per chi non l’ha mai sentita prima l’ennesima artista poco significativa, va sottolineato come il Times l’abbia inserita tra le cento persone più influenti al mondo, forte di una presenza significativa sui social (conta più di cento milioni di iscritti sul suo profilo Instagram) nonché di alcune battaglie in favore dei diriti civili, per gli Lgbt e la libertà delle donne di vestirsi come vogliono. Se si vedono alcuni suoi video, si nota come il messaggio di libertà dei costumi e dei comportamenti sia evidente.
Per chi ancora crede che gli attentati terroristici possano essere in qualche modo delle messe in scena organizzate da ben altre organizzazioni, non nego che chi sta dietro a tali decisioni possa avere i propri interessi più o meno strategici a decidere obiettivi e metodi, ma sul ritenere che non ci siano delle persone, per lo più giovani, che si sono fatte indottrinare al punto da sacrificare la propria vita e toglierla agli altri, avrei i miei dubbi. Vorrei ricordare come è notizia di pochi giorni fa la diffusione del gioco chiamato Blue whale che incita gli adolescenti a togliersi la vita a seguito di una serie di prove a cui si devono sottoporre e superare. Se si riescono ad ottenere tali risultati da un semplice “gioco” che assomiglia quasi ad una catena di sant’Antonio macabra che trova la motivazione del gesto estremo soltanto in quanto manifestazione fine a se stessa, figuriamoci che tipo ti appeal può avere chi predica in nome di una religione la necessità di arrivare a farsi saltare in aria e combattere contro dei nemici infedeli per un tornaconto personale ultraterreno. I risultati infatti sono purtroppo all’ordine del giorno.
Se il Consiglio dei Musulmani ha condannato oggi la strage augurando agli autori del massacro che possano pagare in questa vita e nella prossima, a dimostrazione che esiste un mondo musulmano moderato a cui rivolgersi, vale la pensa ricordarsi che l’antidoto migliore contro ogni fondamentalismo è l’apertura e non la chiusura, l’amore e non l’odio. Più le nuove generazioni saranno dialoganti, multietniche, transnazionali e interclassiste e più sarà difficile per chi evidentemente si sente escluso recriminare tutto ciò.
Filippo Piccini