Personal Shopper // Olivier Assayas

Maureen è una personal shopper in attesa di un segno dal fratello Lewis, morto per una disfunzione cardiaca congenita. La sua stravagante attività, che ondeggia sinuosa tra costosissimi abiti Chanel e gioielli Cartier, assomiglia più ad un hobby che a un lavoro vero e proprio e le consente di entrare in un mondo algido e fintamente fatato, lontano anni luce, almeno in apparenza, dalla sua androgina personalità. Ma oltre ad attendere, l’ambigua e carismatica Kristen Stewart (in perfetta simbiosi con il suo personaggio), sembra alla disperata ricerca di qualcosa, che continua a sfuggirle e a non comprendere.

Ed è un po’ quello che succede a noi spettatori, dopo la complessa e poco agevole visione di quest’opera firmata da Olivier Assayas. Attenzione, chi conosce il regista francese, non è nuovo alle sue sperimentazioni cinematografiche, ma per chi si avvicina la prima volta al suo enigmatico universo non sarà facile trovare il bandolo della matassa, ammesso che ne esista uno. Ecco perché non sorprendono le innumerevoli e più diverse reazioni suscitate nel pubblico e tra gli addetti ai lavori. Possiamo dire di tutto, ma qui siamo in presenza di un’opera che non può e non vuole lasciare indifferenti, ma sopratutto che obbliga a pensare. E scusate se è poco.

Ad una prima analisi, la pellicola si presenta come una ghost story, dai riflessi horror che in qualche occasione sfocia senza compiacimento nello splatter. Ma questo è innegabile se ci limitiamo ad un discorso puramente estetico. Se invece ci addentriamo nel profondo della storia, ci accorgiamo come non è solo Maureen alla ricerca dell’identità perduta, ma noi con lei. E da qui ecco fiorire sentimenti contrastanti che caratterizzano il film. Se da un lato siamo affascinati dai tanti misteri e dalle mille risposte che Assayas sembra non voler concedere, dall’altro respingiamo questo senso di straniamento che non tarda ad impossessarsi di noi poveri comuni mortali. Questo inaspettato processo interiore, che si manifesta una volta usciti dalla sala, lascia spiazzati senza una spiegazione logica a cui aggrapparsi.

Cosa avrà voluto dire Assayas, con la sua storia apparentemente semplice e un po’ fuori dalle righe? Dove avrà voluto condurci? E l’emblematica domanda finale di Maureen, troverà mai una risposta? Tutto questo e molto altro è “Personal Shopper”, un film quasi impossibile da raccontare e che richiederebbe ore ed ore di analisi ed interpretazioni. Noi ci limitiamo a sostenerlo e raccomandarlo il più possibile, perché senza dubbio questo è il cinema che ci piace di più.

Laura Pozzi

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