La Casina delle Civette: tra stile Liberty ed esoterismo

Roma non smette mai di sorprenderci, tra palazzi e quartieroni riesce sempre a farci innamorare di lei, non solo perché ospita i grandi musei e siti archeologici che fanno invidia al mondo, ma anche perché c’è una Roma nascosta che esce fuori quando meno te l’aspetti.

Camminare per questa città, andando alla scoperta di posti nuovi, ci regala emozioni diverse e arricchisce gli occhi di immagini e scorci mozzafiato. Per questo cerco sempre di osservare il più possibile quello che mi circonda, camminando con lo sguardo rivolto verso le facciate dei palazzi e delle chiese, osservando ogni suo minimo particolare… ed ecco che magari, inglobato in un muro, spunta una colonna o una fontana che ha riutilizzato una vecchia statua o un sarcofago.

Poliedrica ma allo stesso tempo in sintonia con sé stessa, senza mai risultare stonata o poco elegante, si è lasciata e si lascia vivere senza mai scomporsi, rimanendo la Roma eterna che tutti noi amiamo. Non si è lasciata scalfire per niente dal tempo che le è passato sopra e se ci abbandoniamo all’immaginazione, possiamo ancora sentire i carri che passano sui san pietrini, i mercanti che strillano per le piazze, i bambini che corrono spensierati tra i vicoli e che si divertono con quel poco che la città dava loro.

La Roma che ha catturato il cuore e l’attenzione di tutti, nasconde ancora tanto e fa di tutto per uscire allo scoperto, rinnovandosi continuamente e senza annoiare mai.

(Villino delle Fate, quartiere Coppedè)

Alcune settimane fa vi avevo parlato di uno degli esempi più eclettici di quartiere che Roma possiede, il quartiere Coppedè. Inconfondibile nel suo stile stravagante, è custodito come un gioiello nel suo scrigno e rappresenta l’exploit del Liberty nella Capitale. Questo stile che si distacca da tutti gli altri, spesso poco apprezzato per la rigidità del periodo storico in cui nasceva, vive oggi di vita nuova. Tuttavia, il Coppedè non è l’unico esempio di questo tipo che possiamo osservare a Roma.

(Casino Nobile, Villa Torlonia)

All’interno del parco di Villa Torlonia, sulla Nomentana, si trova un altro importante Villino dal nome curioso: la “Casina delle Civette”, conosciuta soprattutto per il Casino Nobile dove abitò Benito Mussolini con la sua famiglia dal 1925 al 1943. E’ proprio questa particolare Casina, che sembra uscita direttamente da un libro delle favole e divenuta oggi museo, l’argomento dell’articolo di oggi.

Commissionata inizialmente all’architetto Giuseppe Jappelli dal principe Alessandro Torlonia nel 1840, aveva un aspetto sicuramente più rustico rispetto a quello odierno, ossia ricordava una baita svizzera. Per questo, inizialmente, fu chiamata Capanna Svizzera.

Negli anni successivi alla sua costruzione, il giovane Giovanni Torlonia, nipote di Alessandro, decide di trasformarla in sua dimora ed inizia ad apportare diverse modifiche al villino. I lavori iniziano nel 1908. Così la Capanna Svizzera inizia a prendere le sembianze di un “Villaggio Medievale”, nome che conserverà per diversi anni. Viene incaricato dei lavori l’architetto Enrico Gennari, il quale dona alla residenza un aspetto raffinato ed elegante composto da loggette, porticati e torrette. Forte era la passione del giovane Torlonia per l’arte Liberty, tanto da rompere ogni schema architettonico. Insieme all’architetto Vincenzo Fasolo, nel 1917 donano alla Casina il suo aspetto tipico, fantasioso e magico, ma allo stesso tempo stravagante. Anche qui, come negli edifici del quartiere Coppedè, il mix di stili riesce perfettamente, senza mai stonare, rendendo il villino unico nel suo genere.

(Casina delle Civette)

Gli artisti che hanno realizzato la Casina delle Civette, hanno lasciato libero spazio alla loro fantasia, riuscendo ad unire appunto più tecniche e materiali. Maestose sono le sue torrette unite a porticati, mosaici pavimentali e loggette con decorazioni a maiolica. Tuttavia, la caratteristica che la rende l’importante villa che è oggi nonché meta di tanti visitatori, sono proprio le grandi vetrate. Per volere di Giovanni Torlonia, queste ultime fungono da decorazione su porte e finestre e sono opera di artisti come Duilio Cambellotti, Paolo Paschetto, Umberto Botazzi e Vittorio Grassi, che decisero di rappresentare uccelli, farfalle e civette.

La civetta, animale tanto amato dal giovane proprietario, era considerato nell’antichità il simbolo per eccellenza della magia e della veggenza, con la capacità di vedere anche nel buio più totale e di poter udire anche il più sottile rumore. Questo animale divenne oggetto di interesse per Giovanni Torlonia, uomo poco socievole e amante dell’esoterismo, elevandolo a tal punto da farlo diventare quasi uno stemma della sua casa. Dal 1916 il nome della residenza, da “Villaggio Medievale” si trasformò in “Casina delle Civette”.

La Casina, collocata ai bordi del parco di Villa Torlonia, si nasconde timida dietro una collina artificiale, ma quando compare a noi si rimane catturati da questa geniale struttura. Lo sguardo scorre rapido sulle facciate cercando di catturare più immagini possibili, fino a passare ad una fase successiva, più lenta e dettagliata, lasciando scoprire ogni minimo particolare. Le decorazioni delle vetrate quasi prendono forma: cigni, pavoni, rose, farfalle, fiamme, fate e le tanto amate civette.

(la Fata, Stanze della Torretta, Casina delle Civette) – (Pavoni, Stanza dei Ciclamini) – (balcone delle Rose, Casina delle Civette)

Nulla era lasciato al caso, dalle vetrate alle tegole del tetto, dalle maioliche ai ferri battuti dei lampadari, tutto era studiato in maniera accurata per rendere la villa un vero “unicum”.

Per questo i suoi tetti, inizialmente costruiti in eternit e in seguito sostituiti dall’ardesia, sono composti da tegole in cotto smaltato alternate da coppi di giunzione che ricordano foglie d’acanto. Le vetrate e le pareti danno nuova vita alle numerose specie di uccelli decorati e, grazie ai bozzetti, schizzi e cartoni oggi conservati nel museo, documentano il lavoro eseguito da tutti gli artisti che vi hanno lavorato.

(particolare del tetto della Casina delle Civette)

Divenne così dimora perfetta, rispecchiando in pieno i desideri di Giovanni Torlonia, che decise di viverci fino alla sua morte avvenuta nel 1938.

Pochi anni dopo, quasi alla fine della seconda Guerra Mondiale, le truppe anglo-americane occuperanno il villino per più di tre anni, portandolo così alla quasi totale distruzione, seguita da un lungo abbandono e degrado. Solo nel 1978 il comune di Roma decise di acquistare Villa Torlonia cercando di donarle nuovamente la giusta dignità.

Purtroppo un forte e disastroso incendio, avvenuto nel 1991, la fece cadere di nuovo nell’oblio e, come spesso accade, la sua sorte fu aggravata da furti e atti di vandalismo che la resero un rudere senza più un’anima.

Grazie a un lungo e paziente restauro durato cinque anni, dal 1992 al 1997, Roma poté aprire nuovamente le braccia a una preziosa e singolare testimonianza del secolo scorso, salvandola dalla sorte della quasi totale dimenticanza. Anche se molto è andato perduto, fondamentali sono state le fonti scritte, le quali hanno permesso di farla avvicinare il più possibile a come doveva essere in origine.

Oggi la Casina è sede del “Museo della Casina delle Civette”, dove il visitatore riesce ancor a rivivere la magia che avvolgeva la dimora del principe Torlonia. L’ingresso del museo, situato subito dopo la hall, conduce alla parte della Casina aggiunta nel 1909 da Giovanni Torlonia quando decise di trasformarla da Capanna Svizzera ad abitazione. Qui si trova riprodotto il vecchio muro rustico. Superata la hall, al piano terra si possono visitare la “Stanza del Chiodo”, usata originariamente come studio, chiamata così per le vetrate a forma di chiodo su disegni realizzati da Duilio Cambellotti (1914-1915). Si prosegue il percorso arrivando alla “Stanza delle Civette”, le cui vetrate anche qui derivano da disegni del Cambellotti. Le Civette riprodotte sui vetri della stanza sono realizzate con pitture a fuoco per ricreare l’effetto naturale del piumaggio.

(vetrata con civetta, Stanza delle Civette) – (boiserie, Sala da Pranzo)

Continuando il percorso al piano terra si arriva alla “Sala da Pranzo”, impreziosita dalle importanti boiseries, ossia pareti ricoperte con pannelli di legno, arricchite con intarsi, incisioni e intagli, che riproducono foglie e bacche di alloro. Una scala lignea conduce al piano superiore, dove si trova la stanza da letto del principe, detta “Stanza dei Pipistrelli”, per la presenza di questi uccelli notturni, che insieme alle civette la decoravano.

(Bagno degli Ospiti, particolare della vetrata lago con cigno bianco, Casina delle Civette)

Purtroppo oggi rimane solo una pittura sul soffitto che riproduce un cielo notturno. Su questo stesso piano si trova il “Bagno del Principe”, originariamente ricoperto di maioliche decorate, e il “Bagno degli Ospiti”, in cui vi è una strepitosa vetrata centrale sulla quale è raffigurato un lago con un cigno bianco che posa tra ninfee e iris.

Tante altre sono le stanze che compongono la Casina delle Civette, ma non voglio in questo contesto descrivere le meraviglie di ogni ambiente, poiché desidero lasciare a voi lettori la curiosità di scoprirle, per lasciarvi rapire da questo favoloso percorso.

[https://www.intro-arte.it/our-visit/guided-tours/13052017-casina-delle-civette/]

Sara Moauro

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