Ricorre oggi il 72esimo anniversario della Liberazione del nostro Paese ad opera delle forze partigiane, al culmine della Resistenza contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e le forze di occupazione nazista. È bene ricordarlo, sottolineato in questi termini.
Nelle ultime due decadi abbiamo assistito ad un lento e costante tentativo di riscrivere gli anni più gloriosi della storia recente del nostro Paese. Si è cominciato durante i primi anni della Seconda Repubblica, fondata mediaticamente sull’anticomunismo, ad ascoltare le ragioni dei repubblichini e a cercare di equipararle a quelle dei partigiani. Si è proseguito, poi, durante gli anni 2000 con la rivisitazione di quanto avvenuto con le foibe, usate addirittura come oggetto di campagna elettorale per screditare anni di lotte e di conquiste sociali della sinistra, facendo leva su uno strumentale grimaldello anti-ideologico. Siamo arrivati, infine, ai nostri giorni, dove spesso non si riconosce la differenza tra la destra e la sinistra e si rivendica orgogliosamente l’antipolitica e il qualunquismo populista.
Settanta anni fa qualcuno si è schierato da una parte della barricata e qualcuno dall’altra, chi combatteva per idee giuste e chi no. Oggi si festeggiano i primi, che incarnavano il sentimento maggioritario del popolo italiano.
L’episodio della Resistenza di Porta San Paolo che tutti gli anni viene ricordato a Roma con la grande manifestazione che termina proprio nel luogo dell’evento, ci ricorda come gli accadimenti di quel periodo siano stati popolari e di massa e di come la Resistenza debba essere riconosciuta senza incertezze patrimonio di tutti, frutto di un’inevitabile rigurgito agli anni della dittatura fascista e dell’occupazione. In quei giorni, infatti, numerosi furono i civili, tra cui anche donne e anziani, che spontaneamente resistettero nonostante la schiacciante superiorità numerica del nemico, con un sentimento più rivoluzionario che di resistenza e che scelsero consapevolmente la solidarietà anti-nazista piuttosto che l’indifferenza.
L’Italia deve molto alla Resistenza e deve rivendicare costantemente i propri valori, nonostante, come detto, i numerosi tentativi degli eredi di chi si trovava dall'”altra parte” di revisionare questo patrimonio. Se abbiamo la Costituzione “più bella al mondo” lo dobbiamo proprio al contributo lasciato da chi ci ha restituito la libertà e la giustizia.
Nell’augurare quindi un Buon 25 aprile a tutti i lettori del nostro blog, vorrei pertanto sintetizzare, ricordando ciò che è stato scritto su una targa dell’Università di Camerino dall’ANPI locale: “Coloro che combatterono e caddero per la liberazione del Paese dalla tirannia fascista e dalla sopraffazione ricordano che il cammino da essi indicato verso una società di liberi e di uguali è ancora da percorrere”.
Filippo Piccini