Il 1 febbraio 1977 usciva nelle sale italiane “Suspiria” firmato dal maestro del brivido Dario Argento. Esattamente quarant’anni dopo, quel film considerato da molti il suo capolavoro torna a farci visita, purtroppo ahinoi per soli tre giorni. Questa nuova uscita, ha tutto il sapore di un evento eccezionale, perché non capita tutti i giorni di poter godere di una simile fortuna. E non parliamo solo per gli appassionati dell’ horror, perchè in “Suspiria”, c’è molto di più del trionfo di un genere.
Un’opera profondamente rossa, che si apre in una notte buia e tempestosa, supportata da una musica meravigliosamente raccapricciante e che si chiude in una sorta di girone infernale avvolto nelle fiamme. Il film ebbe un successo strepitoso all’estero, tanto che in Giappone fu considerato di gran lunga superiore al precedente Profondo Rosso, che distribuito in un secondo momento fu comicamente denominato “Suspiria 2”. Argento lo realizza dopo aver conquistato una posizione di prestigio nel panorama cinematografico di quegli anni e quello che lo rende unico nel suo genere è senz’altro l’aspetto visivo.
Il regista romano, aveva già dimostrato uno spiccato interesse per le ambientazioni stile liberty (basti pensare a “L’uccello dalle piume di cristallo”, girato in gran parte nel quartiere Coppedè di Roma), ma in “Suspiria” l’estetica horror raggiunge traguardi inaspettati. Il palazzo tardo gotico, che nel film accoglie la prestigiosa accademia di danza, dove la giovane protagonista Susy Benner fa il suo ingresso, fu costruito nel 1517 e sembra abbia ospitato Erasmo da Rotterdam, dove non è escluso abbia scritto qualche pagina del suo “Elogio alle follia”.
Suggestioni a parte, l’edificio fin dalla sua prima entrata in scena non lascia indifferenti. La facciata è dipinta di un rosso acceso, una tinta onnipresente nel film, senza la quale sarebbe impossibile immaginare la sua esistenza. L’inquietudine generata si deve al direttore della fotografia Luciano Tovoli, che grazie al suo talento riesce a dare a volti e corpi una dominante cromatica (il rosso appunto), che fa un tutt’uno con la storia. Che altro non è che una fiaba gotica, dove la protagonista, che rimanda ad un’impavida Biancaneve dagli occhioni profondi, deve fronteggiare qualche strega di troppo.
Una delle sequenze più raccapriccianti è quella in cui le studentesse, scoprono con orrore che dai soffitti di legno dell’accademia scende una pioggia incessante di vermi. Una scena che ha un suo fascino fiabesco, l’orrore delle larve e la bellezza delle ragazze che si pettinano allo specchio. Il resto lo fa il talento argentiano, che in modo quasi maniacale costruisce ogni singola inquadratura, perchè come ammette lui stesso, non voleva ce ne fossero due uguali in tutto il film. E allora non ci resta che sfruttare questo ultimo giorno di programmazione per goderci appieno un autentico capolavoro.
Laura Pozzi