Ci risiamo, la terra trema e le bufale corrono.
Domenica 30 ottobre alle 07:40 la penisola si sveglia di soprassalto: un nuovo terremoto, di grado Mw 6.5, è stato localizzato nella zona al confine tra Marche e Umbria. L’epicentro di questo terremoto si trova tra le province di Macerata, Perugia e Ascoli Piceno, a 7 km da Castelsantangelo Sul Nera, 5 km da Norcia e 17 km da Arquata del Tronto, già devastata dal sisma del 24 agosto scorso. Fortunatamente stavolta, nonostante la violenza del sisma, non ci sono state vittime.
Qualche giorno prima, il 26 ottobre alle 19:10, un terremoto di grado ML 5.4 aveva interessato la zona.
Ma la terra trema ancora e non si può sapere quando si fermerà. Dopo il devastante terremoto che ha colpito Amatrice e i comuni limitrofi, infatti, l’Appennino ha continuato a muoversi. Le scosse del 26 e di domenica scorsa rientrano nella stessa sequenza che si è attivata in agosto con il terremoto nel Reatino.
Quel che avviene può essere definito come una sorta di contagio. Ogni volta che si verifica un sisma nella zona una porzione di crosta terrestre appenninica si comporta come se si rilassasse, approfondendo e scaricando energia ai volumi di roccia adiacenti. Nel caso in cui tali volumi di roccia si trovino anch’essi in uno stato di elevato stress, ricevendo un’ulteriore forte dose di energia possono cedere e generare nuovi terremoti, anche molto violenti.

L’area interessata dalle scosse successive al terremoto del 31 ottobre di magnitudo 6.5 (l’epicentro è la stella rossa). Fonte INGV.
“Non siamo in grado di prevedere quando e come tale sequenza sismica andrà a scemare, né possiamo, in linea teorica, escludere altri terremoti forti come e più di quelli avvenuti fino ad oggi in aree adiacenti a quelle colpite in questi mesi”, questa è l’analisi dell’Istituto di Geologia ambientale e geoingegneria del Cnr. Del resto, aggiungono gli esperti, è anche vero che, sebbene la sequenza che stiamo vivendo desti le dovute preoccupazioni, il fenomeno della propagazione laterale dell’energia sismica fa si che vi siano scosse sì forti, ma non fortissime. Gli intervalli di tempo tra terremoti forti limitrofi possono essere di anni o decine di anni ma, anche, giorni o mesi come, in effetti, sta accadendo.
Data la gravità della situazione, non ci sono vittime ma tantissime persone che hanno perso le proprie case e vivono con il terrore di nuove scosse, i complottismi generatisi negli immediati istanti dopo il sisma sono quanto di più fuori luogo il web potesse partorire.
Una su tutti, la polemica del calcolo della magnitudo al ribasso per evitare i fantomatici risarcimenti.
Come avrete già notato, all’inizio dell’articolo ho utilizzato due diverse grandezze per esprimere l’entità dei terremoti del 26 e del 30 ottobre ma si possono usare magnitudo diverse per lo stesso sisma, ad esempio, quello di domenica era di magnitudo Richter 6.1 e magnitudo momento Mw 6.5. Questo semplicemente perché esistono diverse magnitudo.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) utilizza entrambe le grandezze sopracitate: la magnitudo Richter (ML), perché è più rapida da calcolare ed è abbastanza affidabile per i terremoti fino a magnitudo 6 e la magnitudo momento (Mw), invece, per terremoti più forti e perché fornisce una stima più accurata dell’energia rilasciata.

Sismogramma di esempio riportante i diversi tipi di onde sismiche. Dopo le P (primarie) e le S (secondarie), anche dette onde di volume, arrivano le onde di superficie (le R e le L, di Rayleight e Love, rispettivamente).
Il concetto di magnitudo è stato introdotto nel 1935 dal geofisico Charles Richter per rispondere alla necessità di esprimere in forma oggettiva la “forza” di un terremoto.
Egli collegò il fatto che maggiore fosse l’energia intrinseca rilasciata dal terremoto e maggiore risultasse l’ampiezza del movimento del suolo ad una data distanza. La magnitudo Richter si ottiene, infatti, a partire dall’ampiezza massima delle oscillazioni registrate da un sismometro standard, chiamato Wood-Anderson, sensibile a onde sismiche con frequenza relativamente elevata di circa 0.8 Hz. Richter definì inizialmente la magnitudo come la differenza fra il logaritmo dell’ampiezza registrata per un dato terremoto ad una certa distanza e il logaritmo dell’ampiezza relativa al terremoto di magnitudo 0 alla medesima distanza. Per ogni aumento di ampiezza di 10 volte delle onde sismiche di frequenza pari a circa 1 Hz, corrispondeva un aumento di un grado nella scala.
Questo, però, attualmente non è il parametro che meglio caratterizza la grandezza di un terremoto. Inoltre, i terremoti di magnitudo maggiore emettono una parte importante di energia a frequenze più basse rispetto a 0.8 Hz, per cui la massima ampiezza misurata sul sismografo standard non rappresenta tutta l’energia emessa dal terremoto. Per supplire alle limitazioni della Richter sono state introdotte altre scale di magnitudo. Fra queste spicca la magnitudo momento, introdotta negli anni ’70 dal sismologo giapponese Hiroo Kanamori. Questa non si basa più sull’ampiezza massima registrata ma sul momento sismico, un valore che quantifica le effettive caratteristiche meccaniche della faglia sorgente del terremoto.
Ad ogni evento sismico sono, quindi, associati più valori di magnitudo:
- ML – magnitudo Richter locale, valore comunemente usato per magnitudo fino a 5.0. Utilizzata per distanze fino a 600 chilometri tra terremoto e stazioni
- Mw – magnitudo momento, necessaria per eventi con magnitudo superiore a 5.0, è l’unica direttamente correlata con i processi fisici che avvengono nell’ipocentro
- MD – stima di ML basata sulla durata totale del terremoto, poco usata attualmente
- MS – calcolata dalle onde di superficie, le ultime ad arrivare durante un terremoto e caratterizzate da un lungo periodo di oscillazione
- Mb – magnitudo da onde di volume P, usata per magnitudo fino a 6.0. Utile per quantificare la magnitudo di terremoti profondi e distanze epicentrali maggiori di 600km
Un’altra scala, che si usa unicamente per valutare i danni provocati dai terremoti e non può essere assolutamente utilizzata per determinarne o anche intuirne la forza, è la scala Mercalli. Un sisma di magnitudo molto forte nel deserto non farà alcun danno e sarà grado Mercalli 0, viceversa, un sisma di magnitudo molto inferiore in un paesino in cui le abitazioni sono vecchie e friabili sarà devastante e di grado Mercalli elevato. Il terremoto dell’Aquila del 2009 di Mw pari a 6.3, per esempio, è stato valutato fra il nono e il decimo grado di scala Mercalli.
Tutto quello che c’è da sapere sui terremoti, o quasi, è spiegato molto chiaramente qui.
Per far capire come funzionano le tempistiche del calcolo riprendiamo, infine, un’infografica dell’INGV che ci spiega che per avere dei dati veritieri, non sono sufficienti i tempi della diretta tv.

Tempistica sisma-comunicazione. Fonte INGV.
C’è da dire, poi, che la notizia del sisma di grado 7.1 non è mai stata data da INGVterremoti, né da altri istituti riconosciuti, italiani o esteri. Si tratta, probabilmente di un errore delle agenzie.
Tanto di cappello a tutti quelli che, come nel caso della Settimana del Pianeta Terra di cui abbiamo parlato di recente, si sforzano di divulgare una maggiore consapevolezza geologica, il web ci dimostra, un’altra volta, che ce n’è proprio bisogno..
A volte si finisce per credere una cosa semplicemente perché si vorrebbe che fosse vera. (X-Files)
Serena Piccardi