IL VERO SIGNIFICATO DELLE OLIMPIADI

bansky olimpiadi

Ripartiamo oggi con le pubblicazioni di VirgoletteBlog, dopo la pausa estiva, verso un nuovo anno editoriale che porterà alcune novità e nuovi co-bloggers interessati a collaborare al nostro progetto.

In queste ultime due settimane, in cui il nostro blog “si è preso una pausa”, non sono accaduti molti avvenimenti degni di nota per quanto riguarda la politica nostrana e internazionale. Ciò che ha invece dominato e domina ancora la scena mediatica sono le Olimpiadi di Rio 2016.

Questi giochi olimpici non sono partiti con i migliori presupposti. I brasiliani negli scorsi mesi hanno manifestato più volte la loro contrarietà nell’investire soldi pubblici per questo evento, quando invece avevano bisogno di assistenza e beni primari che lo Stato non sempre è riuscito a garantire, arrivando ai limiti del default a causa della crisi degli ultimi anni dovuta, principalmente, all’abbassamento dei prezzi delle materie prime di cui il Brasile è principale esportatore.

Ma al di là delle polemiche socio-politiche che hanno accompagnato questo evento e che potrebbero ridursi soltanto ad un problema del Paese organizzatore dell’edizione di questo quadriennio, vediamo che cosa sono le Olimpiadi e qual è la loro storia.

I primi giochi nacquero presso l’antica Grecia e si svolsero ad Olimpia (da cui il nome della manifestazione) nel 776 a.C. Avevano un ruolo ed un’importanza fondamentalmente religiosa, in quanto venivano dedicati a Zeus e il carattere atletico era secondario e derivante da questa prima vocazione. Con l’avanzata della civiltà romana persero gradualmente importanza fino ad essere definitivamente vietati nel 393 d.C. dall’imperatore Teodosio I in quanto giudicati una festa pagana.

I giochi olimpici moderni hanno origine alla fine dell’800. Nel periodo in cui nacquero i nazionalismi e il primo colonialismo, un barone francese, Pierre de Coubertin, nel cercare di analizzare la sconfitta del suo Paese nella guerra franco-prussiana di fine secolo, giunse alla conclusione che i suoi connazionali non avevano un’adeguata preparazione fisica e atletica. Da questa considerazione decise di fondare i giochi olimpici moderni che si svolsero per la “prima” volta ad Atene nel 1896.

In questo modo gli stati nazionali oltre che fronteggiarsi militarmente avevano la possibilità di farlo anche sotto un profilo atletico ed agonistico, rinsaldando, come nelle intenzioni del fondatore olimpico, la preparazione fisica dei giovani promessi soldati (futura carne da macello) di ogni nazione.

Dopo meno venti anni dai primi giochi olimpici moderni scoppiò la Prima Guerra Mondiale, in un clima di rivalità e supremazia tra i vari Stati, definito appunto “nazionalismo”.

Sicuramente considerare il motivo per cui le olimpiadi furono reinventate può farci considerare diversamente tanto accanimento nel seguire questo evento. In generale la mentalità sportiva, che vede soprattutto negli sport non di squadra un arrivismo ed un personalismo sfrenato, laddove, inevitabilmente, c’è sempre qualcuno che vince e qualcuno che perde, se viene mischiata con i sentimenti patriottici sfocia in una gara di esaltazione sacrale del più forte nei confronti del più debole.

L’unica nota positiva di questi giochi olimpici per quanto mi riguarda è stata l’istituzione della squadra dei rifugiati che rompe un po’ il meccanismo appena descritto, seppur in forma puramente simbolica. Tra gli altri, gareggia per i rifugiati Yusra Mardini, la diciottenne che ha nuotato per 5 chilometri fino all’isola di Lesbo nel Mare Egeo dopo che il gommone sul quale stava fuggendo dalla Siria si è rotto ed è naufragato.

Se i sentimenti predominanti dell’uomo sono sempre stati quelli che lo sport agonistico e nazionalistico porta con sé, quali appunto rivalità e supremazia, è bene sperare o quanto meno incentivare ben altre rappresentazioni e storie, quali quelle solidaristiche e collettiviste che, a differenza di un traguardo sportivo, non lascino indietro nessuno.

Filippo Piccini

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