Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube hanno firmato oggi un codice di condotta formulato dalla Commissione europea in cui accettano di combattere l’odio online in Europa. È la prima volta che si registra uno sforzo europeo congiunto per adottare una politica unitaria su Internet. Immediata la reazione delle organizzazioni per i diritti umani digitali, che biasimano la scelta di delegare ai privati – nella fattispecie tutte multinazionali americane – il controllo della libertà di espressione in Europa e lamentano di non essere state coinvolte nella discussione. Per questo ultimo punto, l’organo di vigilanza europeo sta indagando.
«I recenti attacchi terroristici ci hanno ricordato l’urgente bisogno di affrontare il linguaggio di odio online, che è illegale» ha dichiarato in un comunicato Vera Jourová, la Commissaria europea per la Giustizia. «I social media sono purtroppo uno degli strumenti che i terroristi usano per radicalizzare i giovani e diffondere la violenza».
In un tweet la replica di Jillian York, attivista della Electronic Frontiers Foundation, non si è fatta attendere: «Le corporazioni ottengono così ancora più il controllo sulla nostra parola».
Le piattaforme coinvolte hanno promesso di controllare le segnalazioni di messaggi di odio online sulle loro piattaforme entro 24 ore e di agire in maniera sollecita, rimuovendo quelli incriminati o disabilitandone l’accesso, a patto che le denunce siano precise e circostanziate. I loro termini di servizio e le loro linee guida per le loro comunità online dovranno esplicitare con chiarezza che un comportamento che implica odio e l’incitamento alla violenza sono proibiti. Si tratta di un codice che si basa su una legge europea del 2008 che «definisce reato tutti i comportamenti che incitano pubblicamente alla violenza o all’odio direttamente contro gruppi di persone o persone con riferimento a razza, colore, religione, provenienza, nazionalità o origine etnica».
La propaganda di violenza e odio in rete preoccupa Bruxelles in seguito agli ultimi attacchi terroristici e alla crisi dei rifugiati che hanno infiammato le tensioni razziali in diversi paesi europei. Fenomeno peraltro tutt’altro che limitato ad Internet.
In un comunicato congiunto le multinazionali tecnologiche che hanno accettato l’intesa riconoscono che il cosiddetto «hate speech» (linguaggio di odio) ha un impatto negativo non solo sugli individui, ma anche su «chi si batte per la libertà, la tolleranza e la non-discriminazione nelle nostre società aperte ed ha un effetto negativo sulla conversazione democratica resa possibile dalle piattaforme online». Facebook, Microsoft, Twitter e Youtube si impegnano a eliminare i messaggi illegali e assicurano di farlo senza limitare la libertà di informazione sulle loro piattaforme.
«Abbiamo sempre vietato linguaggio illegale sulle nostre piattaforme, ma siamo anche seriamente impegnati a garantire la libertà di accesso all’informazione» ha dichiarato Lie Junius, responsabile Google delle relazioni pubbliche con i governi. «Abbiamo sistemi efficienti per visionare le notifiche in meno di 24 ore e per rimuovere i contenuti illegali». Anche Monika Bickert, responsabile della global policy per Facebook, ha osservato che il più grande dei social network, con 1,6 miliardi di iscritti, «sollecita a usare gli strumenti di segnalazione dei contenuti se ritengono che violino gli standard. I nostri team in tutto il mondo lavorano 24 ore su 24 per agire prontamente».
In un contro-comunicato congiunto gli attivisti di EDRi (European Digital Rights) a Bruxelles e di Access Now negli Usa (a New York) hanno protestato di essere stati “esclusi sistematicamente” dai negoziati sul codice di condotta, e criticano la decisione europea perchè delega la politica ad aziende private, di fatto costringendo le piattaforme tecnologiche a fare i poliziotti digitali. «Si prospettano rischi seri per la libertà di espressione, perché potrebbero venire cancellati contenuti del tutto legali, seppur controversi, come risultato di questo meccanismo volontario, visto che non si deve rendere conto a nessuno».
Non solo. Le nuove regole europee obbligano Facebook, Microsoft, Twitter e Youtube a identificare e promuovere «contro-narrative» indipendenti per contrastare la propaganda dell’odio online, specialmente quella dell’Isis. Un punto, questo, piuttosto delicato: fa specie che la narrativa europea venga assegnata agli americani. Ma soprattutto, in questo modo di fatto l’Europa assegna ufficialmente alle piattaforme d’oltreoceano il ruolo di editori / produttori di contenuti.
fonte: LASTAMPA.it