The Dressmaker // Jocelyn Moorhouse

Kate Winslet è tornata e a noi non può che far piacere ritrovare un’attrice particolarmente dotata e carismatica, che nel corso della sua lungimirante carriera, non si è lasciata travolgere dalle feroci leggi dello star system hollywoodiano.

E dire che non era facile, uscire indenne e parzialmente toccata, da un successo (ci riferiamo ovviamente a “Titanic”, film stratosferico in tutti i sensi), planetario che quasi vent’anni fa impose al mondo intero lei e il suo compagno di sventura/fortuna Leonardo Di Caprio. Ma fu proprio da quel momento in poi che la bella Kate, decise di dare alla carriera una direzione tutt’altro che scontata. Basta dare un’occhiata alla sua filmografia, per rendersi conto, come, abbia in tutto questo tempo, diligentemente evitato qualsiasi film, dal richiamo mondiale del Titanic e come le sue scelte oculate, in pellicole, dal successo incerto confermino una volta di più la sua sensibilità e intelligenza.

Ne è prova “The dressmaker”, un film strano, a volte sgangherato, girato in Australia e firmato dalla regista Jocelyn Moorhouse. L’inizio è folgorante e riassume in gran parte, ciò che vedremo nelle due ore successive. Siamo a Dungatar, minuscolo e polveroso paesino australiano, dove il tempo sembra essersi fermato da chissà quanto. In questa sorta di selvaggio west, in un giorno come tanti, scende dal treno dopo venticinque anni di assenza, la luminosa e minacciosa Tilly, che fin dalle prime battute sembra voler risolvere qualche conto in sospeso. Il suo arrivo, per gli abitanti del posto, bigotti e corazzati contro qualsiasi novità, proveniente dall’esterno, rappresenta un punto di rottura così forte, da far saltare tutti gli equilibri preesistenti.

Tilly cerca vendetta, ma sopratutto una verità, inaspettata, che grazie al suo talento e determinazione, riuscirà a far venire a galla. Il suo riscatto e quello di tutte le donne del posto, passa attraverso la creazione di abiti, audacemente moderni, che infieriscono sul perbenismo circostante, come una spada e convincono le donne del posto, che sfoggiare la propria femminilità, non è da considerarsi tabù, ma rappresenta una grandiosa opportunità di affermare la propria personalità in modo libero e indipendente. Ma il film, non è solo la storia di una vendetta, perchè a Tilly, spetta anche il difficile compito, di recuperare il rapporto con la propria madre (una grandissima Judy Davis), creduta pazza dall’intera comunità e che invece sembra custodire segreti inconfessabili.

Pur essendo una pellicola, godibilissima e fuori dagli schemi, la sceneggiatura a volte sembra risentire di qualche incongruenza, dovuta probabilmente al fatto di dover gestire più storie in una. La regista, sopratutto nella seconda parte e nel finale, sembra perdere un pò le coordinate, fin allora tracciate, ma alla fine, resta la sensazione di aver assistito a un cinema diverso e innovativo, che propone storie un po’ surreali, ma dall’impatto vincente.

Laura Pozzi

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