Suffragette // Sarah Gavron

Essere donna, una condizione da sempre complicata, quasi insostenibile nell’Inghilterra (ma non solo) del 1912, anno in cui è ambientata la pellicola firmata da Sarah Gavron.

Maud Watts (interpretata da un’intensa e luminosa Carey Mulligan), di anni 24, la maggior parte vissuti come muta testimone di soprusi ed ingiustizie, che animano la lavanderia dove lavora e dove è praticamente nata, prende improvvisamente coscienza,che forse un’altra vita è possibile, in un mondo dominato dall’assurda logica maschilista, che relega le donne ai margini della società, privandole dei loro diritti e annientando a poco a poco la loro dignità.

Da questo presupposto, nasce Suffragette, film non perfetto, a tratti schematico, ma che rappresenta un importante documento su una pagina di storia in parte conosciuta, ma poco approfondita che non rende giustizia a tutte quelle donne che hanno sacrificato parte della loro vita per vedersi finalmente “riconosciute”. Suffragette è un termine generalmente usato per identificare un gruppo di donne, dell’alta borghesia inglese, che operavano in loro difesa, per far valere i diritti, in particolare quello del voto.

Si è sempre parlato troppo poco però di tutte quelle donne, che le lotte non solo le proclamavano, ma le combattevano in prima persona. Anche se la figura ispiratrice del movimento resta Emmeline Pakhurst, indomita signora alto borghese, è grazie alla determinazione e al coraggio di tutte le proletarie, che tra arresti, scioperi della fame e privazioni affettive, hanno portato avanti la loro causa, riuscendo ad ottenere risultati impensabili.

Il film si concentra sulla figura di Maud, dapprima diffidente e dubbiosa nei confronti delle future compagne di battaglia, ma poi tra le principali artefici del movimento. La presa di coscienza della sua posizione, che corrisponde poi al cambiamento interiore che determinerà le sue azioni, nasce nel momento in cui decide di guardare in faccia la realtà e affrontarla come incita la Pakhurst con azione e sacrificio, anche se a volte tutto questo poteva significare mettere a rischio la propria vita. Come dimostra il sacrificio estremo di Emily Davinson, e senza il quale non sarebbe avvenuta la svolta che poi avrebbe portato le donne  a votare nel 1928.

Questo è quanto accadde nel Regno Unito, perchè come mostrano le didascalie finali, In Italia si arrivò a questo importante cambiamento solo nel 1946 e nella civilissima Svizzera nel 1971. Senza contare che in Arabia Saudita, nel 2015, le donne non possono ancora esercitare questo diritto e le loro speranze restano appese ad una promessa che chissà quando sarà mantenuta. La strada, purtroppo, ci appare ancora piuttosto lunga.

Laura Pozzi

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