4 febbraio 2016. Per molti una data che lascia indifferenti, per alcuni nostalgici, l’anniversario dell’ultima copiosa nevicata a Roma nel 2012 e per tutto il popolo dei cinefili e appassionati di cinema, questo è il Tarantino day, o meglio l’uscita in sala del suo ottavo film e mezzo.
Senza scomodare il maestro Federico Fellini (come hanno fatto alcuni), dal momento che i due film non sono lontanamente paragonabili, se non da un punto di vista numerico, l’ultima grandiosa opera del regista americano ha già diviso pubblico e critica, tra chi lo trova un capolavoro e chi un flop assoluto. Per chi scrive, il film non è ne l’uno ne l’altro, il successo o meno della visione dipende molto dalle aspettative che uno nutre per il cinefilo Quentin.
Quando entriamo in sala, sappiamo già che Tarantino, ci regalerà un paio d’ore (questa volta sono ben tre) di puro cinema misto a puro divertimento, questo perchè il suo grande pregio è, ed è sempre stato quello di saper “rubare” e rielaborare con il suo oculato punto di vista, tutto il cinema (specie quello di serie B) che l’ha preceduto. Questa volta, ha addirittura osato di più, recuperando il vecchio formato Ultra Panavision 70, abbandonato nel 1966, dove l’esaltazione dello spazio orizzontale permette di vedere in scena tutti gli otto personaggi, che agiscono sia in primo piano che sullo sfondo. Aggiungiamo però che è possibile assistere a questa versione in pochissime città, purtroppo.
La storia di per sè,non aggiunge molto ai suoi lavori precedenti, ci troviamo alle prese con otto bastardi senza gloria, che nel corso della storia si riveleranno essere illustri antenati dei Reservoir dogs, che Tarantino da ragazzo prodigio e perfetto sconosciuto,portò sullo schermo nel 1991. Diciamo che in quel film, diventato cult, dopo il successo planetario di Pulp Fiction, il regista americano, aveva già ampiamente dichiarato le sue intenzioni e che quella storia, tanto semplice dal punto di vista narrativo, quanto complessa da quello strutturale raccoglieva tutte le storie da lì a venire.
Quindi, inutile cercare elementi innovativi, Tarantino è uno che si diverte, tra generi, citazioni, autocitazioni, resurrezioni di attori completamente dimenticati e fino a quando la sua vena goliardica non si esaurirà, continuerà a girare film. Viene da chiedersi, quanto il pubblico abbia ancora voglia di divertirsi insieme a lui.
Ogni giudizio è personale, ma dopo Kill Bill (pellicola girata dopo un momento non felicissimo della sua carriera), sembra che il gioco sia diventato fine a se stesso. E ci auguriamo che Quentin in un futuro non troppo lontano, torni a giocare sul serio regalandoci un’opera autentica e geniale come Jackie Brown, film ingiustamente sottovalutato, ma tra i suoi più intimi e personali.
Laura Pozzi