I teatri stabili rinascimentali: tra recupero e innovazione, sono di scena veri capolavori

Vicenza, Teatro Olimpico, giochi di luci sul proscenio palladiano (photo credits: Claudio Cervelli)

Bentornati nella nostra rubrica d’arte. Questa settimana vorrei focalizzare l’attenzione sulla creazione, nella tarda epoca rinascimentale, di teatri che ospitassero stabilmente le rappresentazioni, sia quelle di impianto classico che di produzione moderna. Dopo la perdita parziale degli esempi greci e romani, attraverso il lungo oblio dell’epoca medievale, il teatro tornò ad interessare gli umanisti, sia dal punto di vista letterario (con conseguente creazione di nuove  opere, alcune delle quali riprendevano storie e schemi classici) che di modalità di messa in scena.

Ma fino alla seconda metà del Cinquecento gli spettacoli teatrali venivano allestiti in luoghi nati con altri scopi (quali loggiati, cortili, piazze) e “prestati” allo scopo di portare in scena le performances della settima arte solo in determinate situazioni, come durante il carnevale o in occasione di cerimonie dinastiche. Dopo lo spettacolo, tutto ciò che aveva costituito l’allestimento della messa in scena, comprese le gradinate che ospitavano gli spettatori, veniva smantellato.

Iniziò quindi ad affermarsi l’esigenza di un luogo chiuso predisposto esclusivamente a questa destinazione, che tributasse le sue radici classiche sia per le rappresentazioni da inscenare che per gli espedienti architettonici impiegati.

Il primo teatro d’Europa ad avere queste caratteristiche è considerato il Teatro Olimpico di Vicenza (1580-85), fortemente voluto dall’Accademia Olimpica di cui era membro l’anziano architetto Andrea Palladio (1508-1580), che doveva il suo successo alla sua personale e convincente interpretazione delle antichità classiche dopo aver assimilato le lezioni teoriche desunte dal De architectura di Vitruvio anche sotto la luce delle recenti, esaustive trattazioni ad opera del conterraneo Sebastiano Serlio.

img.2 Olimpico

Vicenza, Teatro Olimpico, visuale del proscenio e della cavea con loggiato

Il progetto del Palladio, che doveva impiegare gli spazi all’interno delle vecchie prigioni del medievale Castello del Territorio, si concentrò innanzi tutto sulla riproduzione della scenafronte fissa, tipica del teatro romano, ma di cui non sono pervenute testimonianze se non quelle desumibili dalle descrizioni vitruviane.  Purtroppo, l’architetto ebbe solo il tempo di svilupparne il progetto: alla sua morte, avvenuta nello stesso anno, subentrò e proseguì i lavori suo figlio Silla, portando a termine, secondo i disegni del padre, la cavea, il loggiato sovrastante e l’imponente proscenio fisso (1584), caratterizzato da un’ampia apertura centrale affiancata da due ingressi laterali.

A questo punto mancava solo la scena prospettica di città, che doveva  essere visibile dalle aperture del proscenio. Per questo compito, in mancanza di ulteriori indicazioni del defunto Palladio, fu chiamato Vincenzo Scamozzi (1548-1616) architetto vicentino che si era interessato anche lui allo studio delle antichità. La sua soluzione si sposò magnificamente con quanto già era preesistente e ancora oggi, quella quinta in legno e stucco che riproduce una città a prospettiva accelerata (che dava un effetto di profondità illusoria) pur essendo stata pensata per la prima rappresentazione in scena, avvenuta durante il carnevale del 1585, dell’Edipo re di Sofocle (con sette aperture a riprodurre le sette porte della città di Tebe) è ancora in loco, unica scenografia di epoca rinascimentale rimasta ancora intatta e in uso.

img.3 Scena Scamozzi

Vincenzo Scamozzi, scena lignea per il Teatro Olimpico di Vicenza

La cavea, che ospita le gradinate, ha una forma ellittica ed è sormontata da un loggiato che sulla sommità presenta statue abbigliate all’eroica, per rinforzare la suggestione di trovarsi in un novello teatro romano.

Pochi anni dopo, lo stesso Scamozzi poté misurarsi in un progetto autonomo per l’edificazione di un teatro senza partire da strutture preesistenti. Fu chiamato dal duca Vespasiano Gonzaga per costruire il teatro di corte necessario per completare la sua città ideale. La precedente esperienza vicentina aveva fatto maturare una certa consapevolezza su come pensare gli spazi necessari per le attività di chi lavorava nella struttura (ad esempio progettò nel retropalco dei camerini per i comici e i musici e una serie di ingressi diversificati) e quali innovazioni introdurre per dare un’immagine moderna al teatro, esemplificate dalla forma mistilinea della cavea.

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Vincenzo Scamozzi, Teatro all’Antica (1588-90) Sabbioneta, visuale della cavea con il loggiato

Anche qui il proscenio era fisso, con un’immagine lignea policroma di città prospettica, questa volta con un punto di vista monofocale. Purtroppo il proscenio è andato distrutto, possiamo conoscerlo solo tramite il disegno dello Scamozzi conservato nel gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze.

Infine, anche se realizzato in un’epoca che non può più essere definita rinascimentale, il Teatro Farnese di Parma (1617-1618) ha chiari richiami alle due precedenti strutture, alle quali l’architetto Giovan Battista Aleotti (1546-1636) aveva sicuramente guardato. In questo caso l’innovazione consisteva nell’essere il primo teatro con impianto scenico mobile.

Img. 5 Teatro Farnese

Giovan Battista Aleotti, Teatro Farnese (1617-18) Parma, Palazzo della Pilotta, visuale del proscenio con architetture mobili

Ospitato al primo piano del Palazzo della Pilotta nell’antico Salone Antiquarium, in precedenza utilizzato come sala d’armi, conserva nella rappresentazione della dea romana della guerra Bellona il richiamo alla precedente destinazione d’uso di questo grande spazio. Sarebbe dovuto essere inaugurato nel 1618 in occasione del passaggio in città del granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici. Ma un’improvvisa malattia costrinse il granduca ad annullare il viaggio, e il teatro rimase inutilizzato per ben dieci anni, quando, in occasione delle nozze tra Odoardo, l’erede Farnese con Margherita de’ Medici figlia di Cosimo II, il 21 dicembre 1628 venne inaugurato. Le cose vennero fatte in grande: ad un certo punto dello spettacolo, la cavea venne allagata e misero in scena una vera naumachia. Questo episodio fa capire che le ambizioni di messe in scena di spettacoli che lasciassero meravigliati gli spettatori aveva come contropartita un impiego sporadico del teatro, che infatti tagliava fuori dalle esibizioni tutti gli spettacoli di genere popolare, che vennero tenuti in altre, nascenti strutture. Fu così che l’ultimo spettacolo si tenne nel lontano 1732. E un bombardamento da parte delle truppe alleate durante la II Guerra Mondiale lo distrusse quasi completamente. Quello che possiamo ammirare oggi è frutto della ricostruzione eseguita negli anni 1956-60 sulla base dei disegni originali. Ma solo nel 2011, grazie all’interessamento del maestro Claudio Abbado, si è tornati ad impiegarlo per eseguire opere di musica classica.

img. 6 Farnese cavea

Giovan Battista Aleotti, Teatro Farnese (1617-18) Parma, Palazzo della Pilotta, visuale della cavea

Ho rintracciato questo video che mostra gli accorgimenti prospettici utilizzati per le scenografie permanenti del Teatro Olimpico e il Teatro all’Antica. Non lasciatevi scoraggiare dal commento in inglese (ovviamente per chi non lo conoscesse bene), è molto completo e immediato da capire.

Le foto che compongono questo video purtroppo non sono perfette, ma anche così si intuisce la bellezza del Teatro Farnese:

Ecco i riferimenti per chi volesse visitarli:

Teatro Olimpico di Vicenza:

http://www.olimpicovicenza.it

Teatro all’Antica di Sabbioneta:

http://www.turismo.mantova.it/index.php/risorse/scheda/id/779

Teatro Farnese di Parma:

http://www.parmabeniartistici.beniculturali.it/galleria-nazionale-di-parma/orari-e-accesso/

 

Pamela D’Andrea

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