The Eichmann Show // Paul Andrew Williams

Il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche capitanate dal maresciallo Ivan Konev, entrarono nel campo di stermino nazista di Auschwitz liberando i pochi ebrei sopravissuti alla “soluzione finale”, promulgata e attuata qualche anno prima da Adolf Hitler. Da allora in ricordo di tutte le vittime che non riuscirono a scampare a quell’orrore, si celebra la giornata della memoria. Tra i vari omaggi che caratterizzano questo triste anniversario, abbiamo scelto di porre l’attenzione sulla figura di Adolf Eichmann, uno dei gerarchi nazisti, addetto allo smistamento ferroviario nelle deportazioni, che partecipò al genocidio della razza ebraica e che nel 1961, fu protagonista del celebre processo che si tenne in Israele nell’aprile di quell’anno.

Per soli tre giorni, è possibile vedere nelle sale “The Eichmann Show”, pellicola firmata da Paul Andrew Williams, che oltre a documentare le fasi di quello storico evento, anticipa in tempi ancora non sospetti, il ruolo determinante della tv nella difficile definizione del reale.

L’11 aprile 1961, dopo essere stato rapito dalle forze speciali israeliane in Argentina, dove aveva trovato rifugio e cambiato identità, Eichmann venne messo sul banco degli imputati di fronte al mondo intero e proprio in virtù dell’eccezionalità dell’evento, il produttore Milton Frutchman, riuscì a convincere con non poca fatica le autorità israeliane a riprendere il tutto, con il supporto del regista Leo Hurwitz, già nella lista nera della commissione Mc Carthy. In perfetto equilibrio tra finzione e realtà, Williams restituisce la quasi reale dimensione di quel dramma, che non limita solo all’incalcolabile perdita di vite umane, ma a tutto ciò che si celava dietro a quel terrificante progetto di morte.

Quello che maggiormente sorprende, è proprio l’atteggiamento di Eichmann, che appare l’uomo più normale del mondo, il vicino di casa, che sembra quasi non rendersi conto delle atrocità commesse. Nessuna sembianza per così dire “da mostro”, ma solo un grigio individuo poco intelligente senza nessuna idea, trovatosi in una particolare situazione storica politica, che a suo dire si limitò ad eseguire gli ordini provenienti dall’alto, ma che non uccise mai di suo pugno un ebreo, con cui anzi aveva sempre intrattenuto buoni rapporti.

Oltre alla visione del  film, che speriamo abbia vita più lunga nelle sale, consigliamo la lettura de “La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme”, lo sconvolgente saggio storico della filosofa ebrea Hannah Arendt, che assistette come inviata del New Yorker alle 120 sedute del processo, documentando tutte le fasi salienti dell’evento, arrivando alla terrificante conclusione che il male è un concetto comune, banale, che troppo spesso si annida nell’inconsapevolezza volontaria dell’essere umano, perchè un orrore come l’Olocausto, non sarebbe stato possibile senza la collaborazione più o meno attiva di uomini comuni, non necessariamente nazisti. Ed è proprio questo ciò che sconvolge di più.

Laura Pozzi

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