Il clima sì, ma il vento sta cambiando?

L’anno passato si è concluso con l’attesa conferenza di Parigi sul clima, il cui obiettivo era la stipula di un accordo vincolante ed universale che fosse finalmente accettato da tutte le nazioni, USA e Cina compresi. Dopo più di vent’anni di mediazioni e trattative con il fine ultimo di limitare il riscaldamento globale, cosa abbiamo ottenuto?

Per la mia modesta opinione non molto.
Non mi riferisco, ovviamente, ai cambiamenti climatici, quelli sono più che evidenti. Il clima che non cambia mai è quello politico.

Da tempo ormai ci siamo accorti che la temperatura del pianeta sta aumentando e soprattutto che ne siamo in gran misura responsabili in quanto paesi industrializzati. In quanto società “civilizzate” ci si aspetta che siano i governi a prendere in mano la situazione, ragionando sul problema, ascoltando i pareri degli esperti e trovando accordi per almeno migliorare lo stato delle cose, per il futuro.

Ricordiamo che, non solo c’è consenso da parte della comunità scientifica, ma non c’è nessuno studio valido che si opponga ai dati che sostengono che il clima sta pericolosamente cambiando e che la specie umana ne è la causa.

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Quella che si è tenuta alle porte di Parigi nella prima metà di dicembre dello scorso anno, era la ventunesima sessione annuale della conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP21) o la undicesima sessione della riunione delle parti del Protocollo di Kyoto (CMP11), se preferite.

Ebbene i rappresentanti delle nazioni si incontrano adesso come si sono incontrati per anni tentando di trovare delle soluzioni che accontentino il più possibile i paesi partecipanti; eppure è saggezza popolare, e anche abbastanza internazionale, che non si possa avere la botte piena e la moglie ubriaca!
Si tratta di 150 paesi, responsabili del 90% delle emissioni dei gas serra, che si ritrovano per “trattare” tra loro. Col pianeta, però, non si tratta.

Le premesse erano abbastanza buone; Stati Uniti e Cina, che insieme sono responsabili del 40% delle emissioni globali, le due nazioni più difficili da convincere a scendere a patti economicamente poco vantaggiosi, proprio loro, avevano promesso di controllare le proprie emissioni in modo concreto. Prima del summit, infatti, i paesi partecipanti avevano presentato delle dichiarazioni di impegno (rivelatesi per nulla sufficienti al raggiungimento degli scopi) che spiegavano quali azioni intendessero intraprendere a partire dal 2020 per raggiungere l’obiettivo della Convenzione, una specie di dichiarazione di intenti.

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Il travagliato percorso che ha portato all’approvazione del testo è durato 12 giorni e notti, un giorno in più del tempo previsto dalla conferenza; il risultato è un documento appoggiato da ben 196 paesi. Il solo fatto di aver trovato un’intesa è un gran risultato.
Vediamo adesso i punti focali dell’accordo:

Limite all’aumento della temperatura entro i 2°C
Alla conferenza di Copenaghen del 2009, i paesi partecipanti si diedero l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale prendendo come riferimento i valori dell’era preindustriale. L’accordo di Parigi stabilisce che questo rialzo va contenuto ben al di sotto dei 2 gradi centigradi, sforzandosi di fermarsi a 1,5°C, soglia richiesta dai paesi più vulnerabili e maggiormente minacciati dai cambiamenti climatici. La partenza è stata fissata al 2020.

Finanziamenti per l’energia pulita
Un’altro punto molto discusso dell’accordo vede i paesi di vecchia industrializzazione (che quindi hanno inquinato per più tempo) erogare cento miliardi all’anno a partire dal 2020 per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi ed aiutare a de-carbonizzare l’economia.

Controlli quinquennali
Dal momento che gli impegni presi attualmente (vedi le dichiarazioni di intenti iniziali) porterebbero ad un aumento della temperatura di quasi 3°C, si è reso necessario prevedere un processo di revisione degli obiettivi che dovrà svolgersi ogni cinque anni a partire dal 2018.

Rimborsi ai paesi più esposti
E’ previsto un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite causate dai cambiamenti climatici nei paesi che più risentono degli effetti dei cambiamenti climatici, che spesso sono anche i più poveri.

Ampio consenso
In sostanza ha aderito tutto il mondo, compresi i quattro più grandi produttori di gas serra (vedi immagine precedente): oltre all’Europa, anche la Cina, l’India e gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni.

Cosa manca?

Tanto per cominciare, come sostengono ambientalisti e scienziati la partenza è troppo in la, non abbiamo tanto tempo. Per raggiungere l’obiettivo ben al di sotto dei 2°C occorre muoversi subito. Un altro punto contestato riguarda l’inquinamento dei trasporti internazionali di aerei e navi; nessuno si prende la responsabilità delle emissioni di un volo che parte da Amsterdam ed atterra a Nuova Delhi.
L’entità dell’inquinamento dovuto ai trasporti internazionali è ben noto.

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L’aspetto che suona più ridicolo è che non esiste nessun organo di controllo per misurare le quote di emissioni, ossia ogni paese si auto-certificherà. Credo non sia da commentare.

C’è stato un gran dire di “accordo finalmente raggiunto”, “un grande passo” etc. e, in un certo senso, è anche vero. Nazioni come gli USA, l’India e la Cina per la prima volta hanno fatto delle promesse che finora non si erano sognate di fare, il problema dell’urgenza della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico è ormai chiaro ai nostri governanti.
Quello che preme loro di più però, purtroppo, è altro.

Anche se tutti ratificassero, accettassero e attuassero l’accordo l’emergenza non si placherebbe. Le emissioni rallenterebbero ma questo non toglie che prima o poi bisognerà scontrarsi col fatto che la soglia dei 2°C verrà raggiunta e che, anche solo avvicinandosi ad essa, i contraccolpi sarebbero tremendi. Pensate che le previsioni per un aumento di temperatura in grado di sciogliere i ghiacciai in modo ancora più significativo di quanto stia succedendo oggi sono catastrofiche: tempeste, desertificazione, inacidimento degli oceani e conseguente perdita delle riserve ittiche, innalzamento del livello del mare, scomparsa di intere isole e milioni di rifugiati. Come inizio.

L’accordo raggiunto è sicuramente importante, aiuta a rallentare l’avanzata del cambiamento del clima ma resta un modo dei nostri governanti per rimandare il problema. Per evitare tutto questo occorrerebbe prendere delle misure molto più drastiche che nessuno gli perdonerebbe, politicamente parlando.
Tranne chi ha un po’ di cervello, s’intende.

La gente ha sempre dichiarato di voler creare un futuro migliore. Non è vero. Il futuro è un vuoto che non interessa nessuno. L’unico motivo per cui la gente vuole essere padrona del futuro è per cambiare il passato. (Milan Kundera)

 

Serena Piccardi

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