Allestimento delle incisioni di Piranesi nella mostra “La forza delle rovine”, Roma, Palazzo Altemps (photo credits: www.archeoroma.beniculturali.it)
Bentornati nella nostra rubrica d’arte. Delle varie mostre che si possono essere visitate, ce ne sono alcune che rimangono nella memoria, anche ad anni di distanza. Ad un occhio attento, “da addetto ai lavori”, il loro successo spesso risiede nell’avere avuto alla base un’idea, vincente e non scontata, da condurre come un fil rouge lungo tutto il percorso di visita. Meglio ancora, parlando di mostre ospitate in un museo, se si riesce a creare una sapiente amalgama tra i pezzi stabilmente inseriti nella collezione e quelli ospitati temporaneamente.
Approfittando dell’ingresso gratuito ai musei nazionali e comunali nella prima domenica del mese (faccio presente a chi non lo sapesse che se il museo ospita una mostra, anch’essa per quel giorno sarà visitabile gratuitamente), ho potuto conoscere e ammirare Palazzo Altemps, che fa parte del circuito del Museo Nazionale Romano, comprendente le splendidi sedi di Palazzo Massimo alle Terme, le vicine Terme di Diocleziano e la Crypta Balbi (http://archeoroma.beniculturali.it/node/481).
Ma soprattutto, visitare “La forza delle rovine” un bel progetto frutto della sinergia tra la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma e il docente di archeologia classica a La Sapienza Marcello Barbanera. Un’intensa riflessione sul ruolo che quelle che definiamo “rovine” hanno sulla nostra percezione del tempo che scorre, sul concetto ambivalente di memoria, da preservare e dalla quale ripartire per conseguire nuovi sviluppi.
Perché nella nostra cultura è intimamente radicato il sentimento di profondo, quasi religioso rispetto verso le testimonianze del passato glorioso, che in più occasioni storiche si è cercato di riportare in auge per tentare di riviverne quell’idea di magnificenza che si era costruita, quel mito incontestabile alimentato dalla convinzione che “un tempo le cose si facevano meglio”. Se si parla di antichità romane poi, specie in campo architettonico e ingegneristico, non andiamo molto lontano dalla verità, anche se bisognerebbe concedere la giusta dignità agli sviluppi successivi.

Giovanni Battista Piranesi, Il Tevere all’imbocco della Cloaca Maxima (incisione, 1778)
Le sue composizioni erano studiatissime, facevano tesoro delle lezioni apprese dal Vasi per quanto riguardava la tecnica, dal Canaletto, per la precisione dei dettagli architettonici e il gusto nella scelta degli scorci e dal Tiepolo per l’estro profuso nelle immagini ‘capricciose’ raccolte nella raccolta Carceri d’Invenzione (la prima edizione del 1745, la seconda, ampliata e corretta con toni più cupi, del 1761), architetture fantastiche e suggestive che combinavano esempi reali con ambientazioni inventate ma verosimili. Questo filone, che nelle sue rappresentazioni propone uno strisciante senso di angoscia, influenzò movimenti successivi come il Romanticismo e il Surrealismo e artisti come Escher.

Giovanni Battista Piranesi, L’Arco Gotico, dalla raccolta ‘Carceri d’Invenzione’ (1761, acquaforte)
Di una cosa era certo: che non si sarebbero più presentate nuovamente le situazioni che avevano portato alla creazione di quelle architetture così grandiose. Ne parlò diffusamente in vari saggi, il più interessante dei quali è Della magnificenza ed architettura de’ Romani del 1761. E quando ricevette l’incarico di ristrutturare la chiesa di Santa Maria del Priorato, appartenente all’Ordine dei Cavalieri di Malta, decise di infondere questa sua ammirazione scegliendo nella facciata di rafforzare le sembianze di un antico tempio classico e arricchirla di preziosi dettagli desunti dalle care antichità a lungo studiate.

Giovanni Battista Piranesi, Santa Maria del Priorato, facciata (1765-66)
Ma seppe anche interpretare gli apparati decorativi, eseguiti in stucco, riprendendo i festoni degli altari classici e inserendo elementi simbolici ed emblemi militari legati alla storia dell’Ordine. Infine, sistemò anche la piazza esterna e il giardino, tributando un’altra visione di magnificenza, questa volta meno antica: è qui il portone con il famoso buco della serratura attraverso il quale si inquadra la cupola michelangiolesca di San Pietro.

Giovanni Battista Piranesi, Santa Maria de Priorato, particolare del buco della serratura
La mostra a Palazzo Altemps sarà visitabile fino al 31 gennaio. E penso sia un vero peccato lasciarsela sfuggire.
La forza delle rovine, Roma, Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps, 8 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016
http://www.archeoroma.beniculturali.it/mostre/forza-delle-rovine
Pamela D’Andrea