E concludiamo questo turbolento 2015, in compagnia del buon vecchio Woody Allen, che nonostante le 80 primavere appena compiute, continua a regalarci un film l’anno, con risultati più o meno alterni, ma sempre rispettabili.
Questa volta al centro del suo universo, troviamo l’irrational man Abe Lucas (interpretato da un Joaquin Phoenix, svogliatamente distante dai consueti personaggi alleniani e proprio per questo ancor più convincente), professore di filosofia, fascino da bello e dannato, che proprio non ce la fa ad amare e trovare un significato alla vita. Lo spleen decadente che lo attanaglia, trova un suo centro nell’alcool e negli occasionali rapporti sentimentali, che riesce misteriosamente ad avere.
Fino a quando instaura, un’amicizia particolare, con Jill Pollard, la sua allieva preferita, che scambia tutto per vero amore. La profonda crisi esistenziale di Abe, sembra trovare una via d’uscita, quando proprio in compagnia di Jill, si trova occasionalmente ad ascoltare i discorsi di una povera donna, costretta a subire i soprusi e l’abuso di potere da parte di un popolarissimo giudice. Improvvisamente, trova la scintilla per accendere la sua vita disastrosa e il tutto sembra riacquistare un senso, quando accarezza l’idea (che poi metterà in pratica) di uccidere il mostruoso giudice e rendere almeno per un momento il mondo un posto migliore.
Tutto sembra procedere per il meglio e Abe, eccellente insospettabile, si riappropria della sua esistenza. Ma la legge del Karma è dietro l’angolo e non bisogna mai giocare troppo con la fortuna (come Allen tiene ancora una volta a sottolineare).
La prima parte del film, molto coinvolgente dal punto di vista intellettuale, con citazioni ed omaggi a Kant, Kierkegaard, Arendt, risulta la più riuscita e non è difficile scorgere nel nichilismo di Abe, il Woody Allen più estremo, che cerca di combattere i suoi demoni con quell’ironia dissacratoria che da sempre contraddistingue la sua arte. Pensiamo davvero, che il regista americano, consideri la vita priva di senso ed è per questo che è meglio riderci su, piuttosto che prenderla sul serio.
La seconda parte convince meno e il finale un pò troppo tirato via, lascia l’amaro in bocca che si traduce in qualcosa d’irrisolto e già visto. Cosa aspettarsi ancora da Woody? Probabilmente nulla, ma non è da escludere che in futuro,la sua inesauribile intelligenza e il suo genio, giochino ancora una volta il match point vincente.
Laura Pozzi